L’esperienza di Luigi Sturzo come consigliere della Provincia di Catania

In occasione dell’anniversario della conferenza stampa di presentazione a Roma, il giorno 19 gennaio 1919 presso la sede dell’Unione Romana, in via dell’Umiltà 36, del Partito Popolare Italiano appena costituito, pubblichiamo uno stralcio del saggio “Sturzo: la lotta per l’autonomia e la democrazia nel Consiglio provinciale di Catania”. L’autore ha concesso al nostro giornale, e per questo lo ringraziamo vivamente, di mettere a disposizione dei lettori il testo integrale, qui scaricabile appunto attraverso il seguente link posto in fondo alla pagina. 

[…] Con questi chiari obbiettivi strategici e con il programma amministrativo ben strutturato che il movimento cattolico calatino aveva approntato,  Sturzo si candida nel collegio di Caltagirone alle elezioni, per il rinnovo di un terzo della rappresentanza del consiglio provinciale di Catania, che si  sarebbero tenute il 16 luglio 1905. 

Il contesto era quello di una provincia dominata dalla politica affaristico-clientelare del “blocco popolare”, formato da socialisti-repubblicani-radicali, che già si era imposto con la conquista di 48 seggi su 60 nelle precedenti elezioni comunali del giugno 1902 a Catania, scalzando il quarantennale predominio di liberali-monarchici-conservatori e consacrando la leadership di G. De Felice Giuffrida. A questo si aggiungeva una notevole confusione ideologica alimentata proprio dal De Felice, contemporaneamente prosindaco di Catania, presidente della camera del lavoro, consigliere provinciale e deputato, che non aveva mai rinunciato a praticare una certa politica movimentista, ispirata ai fasci siciliani, ma declinata sempre in termini demagogici quando non addirittura clientelari e corruttivi. Tutto ciò rendeva il clima elettorale incandescente non solo a Catania ma anche a Caltagirone.

Sturzo, che si era presentato anche per dare un chiaro segnale contro “la personalizzazione delle candidature provinciali, cucite su personaggi della nobiltà agraria locale o su professionisti senza alcun patto programmatico con gli elettori”, accentuava così i tratti del suo impegno con i cattolici per realizzarne gli otto punti fondamentali del programma ed, in questa prospettiva, si apriva ad una sorta di intesa elettorale con il blocco popolare cittadino (dalle caratteristiche, però, ben diverse da quello di Catania) guidato dall’ex sindaco e consigliere uscente, Mario Milazzo. Smentendo, così di fatto, le voci di un accordo con l’altro candidato, sostenuto dall’on. Libertini, il liberale sindaco uscente di Caltagirone Domenico Nicastro, coinvolto nel famoso scandalo della luce elettrica. In ogni caso, la presenza del centro cattolico che Sturzo rappresentava, con le sue caratteristiche: a) di corpo organizzato contro la corruzione; b) di forza spinta da una idealità di programma; c) di soggetto capace di sostenere lo sviluppo sociale ed il rilancio dei sentimenti religiosi nella vita politica,  costituì la vera novità della competizione elettorale.

Che, all’esito del voto, fece registrare l’elezione a consiglieri provinciali di Luigi Sturzo e Mario Milazzo. Il primo con 753 voti. Mentre 740 furono i voti andati a Milazzo. Con Nicastro, non eletto,  distanziato a 488 preferenze. In complesso, come relazionava il prefetto al ministro dell’interno, nel parziale rinnovo del consiglio provinciale di Catania gli eletti erano stati: nove liberali, sei dell’estrema ed un democratico cristiano.

Sturzo entra così in abito talare  a palazzo Minoriti, sede della provincia di Catania, il 14 agosto 1905 alle ore 14 per l’insediamento del nuovo consiglio, composto da 50 consiglieri che, in virtù della legge comunale e provinciale 164/1898 e sue successive modifiche, provenivano: due terzi da  precedenti elezioni ed un terzo era quello eletto con il rinnovo del 1905. Dal punto di vista politico, egli è solo, indipendente da qualsiasi partito, al centro, ‘circondato’ da consiglieri socialisti, radicali, repubblicani, massoni, clerico-moderati, monarchici, liberali ma preparato a resistere a qualsiasi pressione, pronto a dare il suo voto secondo coscienza e soltanto ubbidendo ai principi ispiratori del programma amministrativo dei cattolici. Certo, il suo isolamento gli avrebbe precluso ogni potere contrattuale ma, al contempo, gli avrebbe consentito di aggregare più facilmente altri consiglieri di ispirazione cattolica per costruire, prima a livello provinciale e poi regionale ed anche nazionale, quel movimento democratico-popolare che ormai da diverse parti veniva auspicato.

 

L’esperienza di Luigi Sturzo come consigliere della Provincia di Catania (2)