Lettera a chi la vuole leggere

Sono uno di quei tanti giovani della prima Repubblica che per pagarsi l'iscrizione ed i libri dei livelli scolastici superiori, durante la pausa estiva, hanno svolto i lavori manuali più umili.

Sono un ex deputato della prima Repubblica. Sono uno di quei ragazzi che dove è cresciuto ha  conosciuto da vicino la Resistenza e che appena ha raggiunto l’età della ragione nella quale occorreva cominciare a darsi da fare si è reso conto di vivere in un Paese distrutto dalla guerra, con le fabbriche devastate dall’invasore in ritirata, i campi arati con i buoi e le sigarette vendute a numero, anche una sola, perché il pacchetto intero costava troppo per la maggior parte dei fumatori.

Sono uno di quei tanti giovani della prima Repubblica che per pagarsi l’iscrizione ed i libri dei livelli scolastici superiori, durante la pausa estiva, hanno svolto i lavori manuali più umili. Oggi quei pochi che esistono ancora hanno titolo per ricordare quale era lo stato della prima Repubblica e per affermare che con il sacrificio di tutto il popolo italiano e l’opera dei suoi rappresentanti in Parlamento, di maggioranza e di opposizione, hanno realizzato quello che venne definito il “miracolo italiano” ed hanno consegnato ai loro successori un Paese al sesto posto nella graduatoria dei paesi più progrediti. Ora un giovane statista che tutta Europa ci invidia ha definito noi, pochi superstiti della terza generazione, rappresentanti di quella stagione, “parassiti”, “mantenuti”, “nababbi”e “ladri di passato e di futuro”.

Sappia questo personaggio che non avrà da parte nostra la soddisfazione di avere reazioni degne del suo stile perché chi ci ha conosciuto nel nostro impegno parlamentare sa chi siamo, cosa abbiamo fatto e come viviamo. A lui possiamo solo dire che è stato anche grazie alla nostra opera che è potuto crescere nella bambagia e restare nel nido più del normale. A proposito della prima Repubblica ove si sono locupletati, secondo il Saint Just di Pomigliano, almeno una parte dei “nababbi” vorrei solo aggiungere qualche nota che traggo dalla mia memoria.

Quando sono stato eletto alla Camera nel 1972 l’indennità parlamentare ammontava a poco più di novecentomila lire. Oltre a questa si riceveva l’”oliva”, la tessera che consentiva di viaggiare gratuitamente sulle ferrovie dello stato, il rimborso per i viaggi aerei sul territorio nazionale e la “diaria” per il soggiorno nella Capitale nei giorni di seduta dell’aula, a patto però che risultasse firmato il registro delle presenze posto all’ingresso della medesima. Chi risiedeva a Roma ed era stato eletto in Piemonte, come il sottoscritto, non ne aveva diritto, perciò quando si recava nel suo collegio elettorale doveva trovarsi un alloggio a sue spese. Di altri rimborsi per l’esercizio del mandato non si parlava proprio perché l’indennità parlamentare era considerata omnicomprensiva.

Oggi, a questi austeri giustizieri, per l’esercizio del mandato oltre alla diaria (per ottenere la quale basta la presenza al trenta percento delle votazioni del mese) vengono corrisposte spese per il collaboratore parlamentare, per i taxi da e per l’aeroporto o la stazione e per il telefono pari a 4897 Euro mensili dei quali sono rendicontati circa un terzo. Il resto sono soldi non solo privi di giustificazione contabile ma in quanto spese sottratti ad imposizione fiscale. Come li possiamo definire? Una gratifica? Per quanto riguarda i sostegni pratici per svolgere le funzioni, nei locali oggi destinati al ristorante e adalcune postazioni giornalistiche vi erano allora le sale di scrittura ove al deputato che ne faceva richiesta veniva assegnato attorno a dei lunghi tavoloni un posto di lavoro corredato da un sottomano di cartone e da un porta carta da lettera in legno.

Inoltre il deputato poteva disporre di un cassetto con chiave nelle cassettiere poste lungo le
pareti ove custodire i suoi atti e la sua dotazione di carta da lettera e da minuta. Negli angoli delle sale erano disposte le macchine da scrivere con la carta carbone per le copie. Così è cominciata e proseguita per altre legislature la vita di un “mantenuto” nella prima Repubblica. Oggi si vogliono uffici personali come al Congresso degli Stati Uniti e facciano pure ma almeno con un poco di pudore e lascino stare la prima Repubblica. Aggiungo che nel Dicembre scorso “l’associazione degli ex parlamentari”nel corso della sua assemblea annuale, come avviene tutti gli anni, ha consegnato una medaglia ricordo ai 31 soci che nell’annata hanno compiuto novant’anni. Questo per dire che tra i ” parassiti-mantenuti” vi sono ancora un buon numero di ex della prima Repubblica, tutti ultraottantacinquenni che sono i più colpiti dalla scure dei leghisti, dei pentastellati con l’apporto di raro acume politico del PD che, per non essere da meno, ha rinunziato alla sua proposta di legge e massacrato i suoi predecessori regalando un successo all’on Di Maio e colleghi che hanno festeggiato con lumini e bicchierata davanti a Montecitorio e Palazzo Madama.

Ai più anziani dunque, nel momento di maggiore bisogno per esigenze di salute o di assistenza data l’età, la decurtazione del vitalizio si colloca tra il cinquanta e l’ottanta per cento e forse anche oltre. Ma in fondo possono sempre aggiungere i giustizieri dell’”equità sociale” : che vogliono ancora questi, “nababbi, “parassiti” e “mantenuti”, non si rendono conto che sono pure campati troppo e quindi sono un peso per la comunità”? Stiano certi, leveremo il disturbo, ma il più tardi possibile perché a loro abbiamo ancora qualcosa da dire.