Consapevole – per aver preso parte – del serrato dibattito sul “Centro Politico ” da parte de “il Domani” e  in parte anche da C3Dem,  allego una lettera inviata a Michele Serra  dopo aver letto una sua risposta al lettore sign. Fiumara sul “Venerdì” di Repubblica del 7 giugno.  Un lettore convinto che “…l’elettorato italiano è in maggioranza  assoluta di destra”. E  che, per provare la sua tesi, metteva insieme Mussolini, De Gasperi, Fanfani  e “…ora  Salvini”, definendoli tutti di destra(!), ma concedendo alla fine  che “…la  sinistra può governare solo quando riesce ad allearsi con un centro ragionevolmente aperto” .

Una tesi condivisa in pieno da Michele Serra che per chiarire meglio aggiungeva che La sinistra, largamente intesa, avrebbe un compito di contrasto ( a questa destra italiana ) quando…ovviamente) in alleanza con forze più “moderate” senza le quali ci si parla addosso”.   Opinioni  ragionevoli che possono  anche essere condivise. Ma che, come da qualche anno chiariscono le mie divagazioni, quando adoperano categorie politiche e sociali che appartengono alla storia, gli autori dovrebbero avere la pazienza di definire e chiarire meglio ciò che si vuol dire. Con una lettura cioè  più adeguata ai tempi che viviamo : Sinistra,Centro, Destra; Moderati e Radicali; Progressisti e Conservatori; Riformisti e Tradizionalisti; Ceto medio, Borghesia e Classe operaia; Comunisti e Fascisti, ecc. e , non per ultimo, Cattolicesimo politico e Cattolicesimo democratico hanno la stessa valenza sociale , politica e antropologica, del Novecento ?
Se sono categorie che appartengono legittimamente ad un passato e che ci hanno permesso di interpretare e vivere la storia, non è per niente detto che continuando ad usarle nel 2019 dandole per scontate, siano ancora esplicative dei profondi cambiamenti sopraggiunti e ci fanno capire qualcosa. Rimango, sulla Destra e sulla Sinistra, con gli stessi interrogativi di Giorgio Gaber. Fino a prova contraria.

Caro Serra, non perdo il vizio di leggerla.                                                                                  Questa volta però con il desiderio di dialogare. Mi riferisco al titolo della sua ultima “Posta” de il Venerdì di Repubblica del 7 giugno scorso : “La sinistra che odia i compagni” . Dove “sinistra”  e “compagni” si danno per scontati. E ho sott’occhi la risposta  che dà alla lettera del Sign. Fiumara. Il suo acume politico, che io stimo molto, non deve però  prescindere dalla storia che avanza. E non deve arrendersi ad alcune categorie politiche che puzzano di passato. E che vanno – almeno – ridefinite.                                                                                                                              La prendo alla larga . E’ vero che lo storicismo è stato anche interpretato e venduto come relativismo assoluto. Ma essere consapevoli della storia che cammina, e della società che cambia nelle sue strutture economiche e sociali , con relative “sovrastrutture” come sostiene un certo marxismo,  ponendo nuovi bisogni, nuove attese e nuove domande politiche e sociali, non significa cedere allo storicismo deterministico marxista: con i ragazzi che nella Londra ottocentesca lavoravano 12 ore al giorno, e che tornavano a casa distrutti è stato utile. E non significa neanche mettersi nelle mani del luogo comune che siccome tutto è in movimento, alcuni valori di fondo e categorie politiche e sociali non servano più: libertà ed uguaglianza – per citare Bobbio –  nuovo liberismo e nuove povertà, individualismo e solidarismo, capitalismo industriale e capitalismo finanziario, cattolicesimo clericomoderato e cattolicesimo democratico, sono coppie dialettiche che sarebbe bene non perdere mai di vista. Distinguendole tuttavia sempre, e declinandole nella storia. In questo senso sarebbe altrettanto giusto precisare e chiarire sempre cosa sono – oggi – la destra e la sinistra. Cosa è il nostro Paese “…sostanzialmente di destra”. E cosa è soprattutto “…il Centro ragionevolmente aperto” come scrive il sign Fiumara. Per me  un non luogo sociale e, oggi, luogo solo geometrico  in via di disfacimento concettuale: ceto moderato, borghesia  scomparsa come dicono De Rita , Cacciari e Bonomi ? ; ceto medio  salito sul discensore? ; middle classe senza coscienza di classe?; voto dei cattolici clericali e conservatori antibergogliani?

Lei sa bene che il capitalismo che la sinistra dovrebbe oggi mettere sotto accusa è solo quello finanziario. E’ lui che crea disuguaglianze e mette in crisi il welfare e la democrazia liberale degli Stati. Mentre il pressapochismo della destra oggi sovranista, altra cosa dalla destra fascista, non si rende conto che spingere l’individuo, come fa un certo neoliberismo,  a guardarsi il proprio ombelico con lo Stato e ‘Europa il più lontano possibili, significa giocare contro la Nazione da loro tanta amata. Insomma non dare per scontate alcune categorie politiche, sempre da ricordare ma oggi poco utili a farci leggere “i segni dei tempi”.

“…Tutto vero” dunque che,  come lei dice, “… il nostro è un Paese  sostanzialmente di destra” ? E cosa vuol dire ? E tutto vero che  De Gasperi e Fanfani vicini a Berlusconi e Salvini sono tutti di destra? E , forse,  Berlinguer e Napolitano di sinistra? Immergersi un poco nello storicismo significa confrontarsi con la realtà. Ma anche ridefinire categorie non più esplicative  come Destra, Sinistra e Centro. Se ancora ci teniamo a rivolgerci alla geometria politica orizzontale e non vogliamo invece trasferirci urgentemente su una politica sociale verticale per parlare dei primi e degli ultimi , degli alti e dei bassi, dei pochi  ricchi e dei tanti poveri . E significa radicare la politica nella storia che viviamo. I principi e i valori servono. Eccome ! Ma essi rappresentano i pilastri e le travi portanti di un edificio le cui pareti si sono fatte “liquide”. Trasparenti, leggere, sottili, intercambiabili e mutevoli. Molto ma molto diverse dai mattoni e dalle pietre “solide” di una volta. Dai muri che separavano e che, inutilmente, si vogliono alzare oggi per difendersi  e distinguersi . E Destra, Sinistra, Centro non sono più i mattoni e le pietre di una volta. Bisognerebbe solo avere la pazienza di ricordarlo. Rivisitandole – se proprio ci teniamo – alla luce della storia che ci è dato di vivere.

Accetti i miei più cari saluti. Buon lavoro.                                                                                                                           Nino Labate – Roma