Si è già scritto molto circa le relazioni che verranno ad instaurarsi fra l’America di Joe Biden e l’Europa dopo gli anni del grande freddo di Donald Trump. Si è scritto molto in un misto di ottimismo dovuto e realismo scettico giungendo forse alla conclusione che il clima migliorerà, la forma tornerà ad essere quella che deve essere ma la sostanza cambierà solo di poco. Personalmente mi iscrivo al club degli ottimisti perché so che il nuovo Presidente USA crede, per cultura e per storia politica, nelle relazioni inter-atlantiche e vi crede di più di quanto non vi credesse Barack Obama (il quale infatti dedicò al Vecchio Continente qualche tempo e qualche sforzo solo durante la fase finale della sua presidenza). Ciò nondimeno ritengo che la gran parte del lavoro, in questa direzione, dovrà farlo l’Europa. L’Unione Europea, per la precisione. E sarà un lavoro non facile, che è però tutto nel suo interesse per poter assumere, prima, e svolgere, poi, un ruolo importante nel mondo post-Covid.

Non ci si deve infatti far trarre in inganno dalla pandemia: quando l’incubo finirà le coordinate essenziali della geopolitica planetaria non saranno diversissime da come erano un anno fa: il secolo che ormai entra nella sua terza decade sarà in ogni caso il “secolo asiatico” e gli Stati Uniti inevitabilmente dovranno concentrare le proprie energie primarie nel tentare di tener testa a questo sviluppo della Storia. Ho utilizzato i verbi al futuro ma in realtà andrebbero scritti al presente perché è già così. La sfida con la Cina per l’egemonia mondiale è già iniziata, e non si creda questa fosse una convinzione del solo Trump. Da questo punto di vista i Democratici USA sono anche più determinati dei Repubblicani: a fronte di un miglioramento delle relazioni formali fra i due Paesi, che ci sarà, proseguirà nei fatti la competizione su ogni fronte, incluso quello militare: settore ove oggi gli Stati Uniti sono irraggiungibili ma nel quale la Cina di Xi sta investendo moltissimo per poter colmare il gap in un paio di decenni al massimo. I dossier aperti sono numerosi e vanno al di là della guerra sui dazi, che fra l’altro si arricchisce oggi di un nuovo elemento, la Regional Comprehensive Economic Partnership asiatico-oceanica raggruppante tutti i principali Paesi di due continenti (ad eccezione dell’India) inclusi molti alleati degli USA. Sono dossier di geopolitica tradizionale (da Hong Kong a Taiwan, dal Mar Cinese Meridionale alla Corea del Nord) e sono dossier decisivi per il futuro quali quelli relativi allo sviluppo delle tecnologie digitali. 

Oltre al fronte asiatico, però, c’è quello determinato dal multipolarismo, ovvero dall’imporsi di medio-grandi e medie potenze regionali che – in ciò indotte anche dal parziale ritirarsi degli Stati Uniti da alcuni scacchieri sino a ieri da essi saldamente controllati – stanno manifestando ambizioni non irrilevanti. Il caso turco è ormai ben evidente, ma l’ingresso russo nel Mediterraneo è ancor più significativo da questo punto di vista. Ebbene oggi l’Europa, a causa della sua permanente divisione interna quanto a politica estera e di difesa, non è in grado d’essere incisiva realmente su alcuno dei molteplici scacchieri prodotti dal multipolarismo. Biden immagino richiamerà Bruxelles ad una politica più assertiva, almeno nel Mediterraneo, e a tal fine riannoderà i legami inter-atlantici oggi un po’ sfilacciati. Ma non potrà – né vorrà – impegnare risorse oltre un certo limite, sia perché lo scenario internazionale è quello sopra accennato sia perché il focus della sua presidenza sarà inevitabilmente orientato alla politica interna. Gli Stati Uniti sono oggi a dispetto del loro nome una nazione molto divisa e Biden, all’opposto del suo predecessore, lavorerà per riunificarla, almeno un po’. E questo gli costerà tempo, energie psicofisiche e quattrini. Molti. Dunque, per quanto concerne il tema che qui ci interessa, rilancio dell’atlantismo sì ma in una dimensione nuova, più limitata rispetto allo scorso secolo: per converso l’Europa dovrà corrispondervi più attivamente. A Washington attenderanno, da Bruxelles, una risposta convincente in tal senso. I Ventisette sapranno dargliela?