Libia: tutti i candidati. Il focus dell’Ispi.

 

Presentata oggi (oggi per chi legge, ndr) a Tripoli la lista delle candidature per le presidenziali. Ma sulle future elezioni gravano ancora dubbi e divisioni.

 

Federica Saini Fasanotti

 

C’è anche l’attuale primo ministro libico, Abdulhamid Dbeibah, tra i candidati alla presidenza della Libia per le elezioni del prossimo 24 dicembre. È l’ultimo, annunciato colpo di scena in una corsa verso il voto sempre più affollata nel paese alle prese con la sua prima tornata elettorale in sette anni. Dbeibah si è registrato domenica nonostante la promessa di non farlo, posta come condizione al momento di assumere il suo attuale incarico, e nonostante le contestate regole elettorali gli impediscano di candidarsi. Finora, la Commissione ha riferito di aver ricevuto 61 candidature. Ma presentare la domanda non basta a garantirsi la partecipazione. Gli aspiranti candidati devono soddisfare delle condizioni – come avere una fedina penale pulita e possedere esclusivamente la cittadinanza libica – per accedere alla competizione, in modo da assicurare maggiore inclusività e trasparenza al processo elettorale. Nel frattempo, la lista dei candidati, annunciata oggi a Tripoli, aumenta fino a raggiungere quota 61, mentre sono già più di 3 milioni (su circa 7 milioni di elettori) i cittadini libici che si sono registrati per partecipare al voto.

 

Una corsa affollata?

 

Al momento, la lista dei candidati alle elezioni presidenziali conta tutti i nomi di spicco del panorama politico libico e oltre. C’è Aguila Saleh, presidente della Camera dei rappresentanti di Tobruk, un tempo sostenitore delle offensive del generale Khalifa Haftar, l’uomo forte della Cirenaica, comandante in capo dell’esercito nazionale libico e anche lui candidato; Saif al-Islam Gheddafi, figlio di Muammar Gheddafi, ricomparso dopo essere stato sequestrato dalle milizie di Zintan e attualmente ricercato dalla Corte penale internazionale. E poi ancora l’ex ministro dell’Interno Fathi Bashagha e il vicecapo del precedente Consiglio presidenziale Ahmed Maitig. Per il resto, si tratta di candidati che non hanno ricoperto cariche pubbliche. Eppure, fa notare il quotidiano Daily Sabah, “l’identità dei candidati alla presidenza rischia di ipotecare la legittimità e dell’intero processo elettorale”, e ancora: “Le elezioni non sono una seconda possibilità per teppisti, golpisti, criminali e signori della guerra per soddisfare la loro sete di potere”.

Sembra dargli ragione il procuratore militare il generale della Libia, che oggi – come riferisce Agenzia Nova – ha rinnovato la sua richiesta di sospendere le procedure di candidatura di Saif al Islam Gheddafi e di Khalifa Haftar fino al completamento delle indagini sulle accuse nei loro confronti. In un appello rivolto al capo dell’Alta Commissione elettorale, il procuratore militare ha fatto riferimento a quattro presunti reati di cui è stato accusato Haftar e alle accuse di crimi di guerra contro il secondogenito del defunto leader libico Gheddafi.

Incertezza sulle regole?

A complicare le cose, a meno di sei settimane dal voto sostenuto dalla comunità internazionale nell’ambito di una road map per riportare la stabilità nel paese, il fatto che le regole siano tutt’altro che condivise: in base all’articolo 12 della legge elettorale infatti, uno degli articoli più controversi, gli aspiranti presidenti sono chiamati a lasciare i propri incarichi, sia civili sia militari, novanta giorni prima delle elezioni. Una circostanza che eliminerebbe quindi la candidatura del premier Dbeibah mentre ammetterebbe quella di Haftar. Ma l’Alto Consiglio di Stato con sede a Tripoli ha respinto la legge. Nel tentativo di superare lo stallo, il presidente del Consiglio presidenziale libico, Khaled al Mishri ha prima proposto di mantenere al 24 dicembre solo le elezioni legislative, rinviando quelle presidenziali ad una data successiva al referendum costituzionale, e poi ha invitato gli elettori a boicottare i seggi. Secondo il presidente le elezioni per il capo dello stato non porterebbero la stabilità che, ha detto, in questo momento è “l’obiettivo prioritario” per i libici.

 

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