L’incertezza

Andiamo in vacanza, ma rischiamo di non godercela. Alla vigilia delle ferie, infatti, prevale un senso di incertezza per quello che potrà accadere al nostro ritorno

Andiamo in vacanza, ma rischiamo di non godercela. Alla vigilia delle ferie, infatti, prevale un senso di incertezza per quello che potrà accadere al nostro ritorno. Due le cose che più di altre generano ansia: la tenuta del quadro politico e l’andamento dell’economia. Il governo fin qui ha vissuto di luce riflessa, quella generata dall’attivismo, giocoforza antagonista, dei suoi due azionisti. Il risultato è stato: l’iniziativa sui migranti di Salvini, più che altro dimostrativa, che ha generato inquietudine nei 5stelle non meno che nel mondo cattolico; il decreto “controbilanciante” di Di Maio, che ha scatenato la reazione della base operosa della Lega, specie a Nordest; l’assalto alla diligenza delle nomine pubbliche con metodi per nulla diversi da quelli tanto condannati, che ha visto inopinatamente prevalere i grillini sui leghisti per l’incomprensibile assenza di Salvini. Il tutto condito da quotidiane dichiarazioni d’intenti e da polemiche su evidenti divergenze programmatiche specie in tema di grandi infrastrutture (Tav, Tap, autostrade). Un po’ poco per il tanto strombazzato “cambiamento”, fin troppo per le inquietudini dei mercati finanziari, che infatti negli ultimi giorni hanno legnato Borsa e titoli di Stato, e riacceso il fuoco sotto il pentolone dello spread, dove rischia di finire inghiottita una manciata di miliardi per oneri diretti e indiretti.

Ma il problema non è il consuntivo dei primi due mesi dell’esecutivo gialloverde, quanto ciò che ci aspetta. Sul piano politico, dopo settimane in cui ha tenuto banco la potenziale rottura Salvini-Di Maio, oggi sugli scudi c’è quella appena consumata tra il capo della Lega e Berlusconi anche se era evidente già prima l’irreversibile fine del vecchio centro-destra. Ma la vera questione di fondo è quella della per ora inesistente alternativa all’alleanza pentaleghista. Gli italiani, specie la gran parte di quelli che non sono andati alle urne i 4 marzo e un cospicuo numero di coloro che hanno votato M5S e Lega per rabbia e rassegnazione, hanno ben presenti i limiti e le fragilità di questo governo e del patto populista-sovranista che lo sorregge, e sono spaventati che l’evidente dilettantismo di questi improvvisati possa prima o poi scatenare l’inferno. Ma, allo stesso modo, sanno che non c’è alcun’altra offerta politica convincente né in campo né all’orizzonte, perché non lo sono affatto quelle già sperimentate – Forza Italia, il Pd e le sinistre più radicali – e non se ne vedono nascere di nuove. E fintanto che la questione dell’alternativa continuerà a rimanere irrisolta, è inevitabile che governo e maggioranza attuali mantengano un diffuso consenso.

Ecco, questo è più che mai il momento in cui sarebbero indispensabili la solidità e la credibilità al servizio del cambiamento (quello serio). Tanto più che ci muoviamo in un quadro internazionale che ha perso la bussola, se persino certezze granitiche di sempre come l’atlantismo sembrano venir meno per l’autolesionismo dell’Occidente. Come sempre, sarà l’economia a fare da cartina di tornasole. Di fronte, ahinoi, abbiamo due scenari ugualmente avversi, solo che uno è più disastroso dell’altro.

Partiamo da quello meno angosciante. Esso si nutre di un quadro congiunturale caratterizzato ormai da qualche mese da un netto rallentamento della crescita, che in mancanza di stimoli ci riporterebbe tra questo e il prossimo anno nella maledetta zona grigia dello “zero virgola”, con il conseguente allargamento della già ampia forbice che distanzia l’andamento del nostro pil da quello europeo e americano. Questo accadrà se il governo farà una manovra di bilancio sì un pizzico espansiva ma tutto sommato neutra, limitandosi a enunciare intenzioni che rimanda al futuro. Magari con l’intento di addossare alla trimurti del male Ue, Bce.

Viceversa, se il governo dovesse avventurarsi in una manovra molto espansiva o, peggio, maldestramente espansiva, senza badare ai vincoli europei, allora la reazione dei mercati e dell’Europa non si farebbe attendere. Già in queste ore ne abbiamo avuto un assaggio, con lo spread arrivato a toccare i 270 punti e i Btp oltre il 3% di rendimento. Per ora sono reazioni allo stato di incertezza in cui siamo sprofondati, ma domani potrebbero diventare reazioni esplosive, come lo furono nel 2011.

Sono evitabili questi scenari? Certo, ma occorrerebbero ben altre condizioni politiche.