Mentre l’UE vanta una posizione difensiva nei settori che vanno dall’alta tecnologia alle automobili, questo non avviene per le migliaia di cibi tipici del nostro continente.

Così già il 16 dicembre scorso Francia, Spagna, Italia, Portogallo e Grecia hanno inviato una dichiarazione congiunta alla Commissione europea chiedendole di “rafforzare e armonizzare la legislazione dell’UE sull’etichettatura di origine degli alimenti” sottolineando che le attuali norme dell’UE “non sono esaustive in questo settore”.

I nazionalisti del cibo sanno che questo porterà a una battaglia su uno degli argomenti più spinosi nel processo decisionale dell’UE: etichette di origine obbligatorie, che rendono obbligatorio timbrare gli alimenti con “Made in France” o “Prodotto dell’Italia”.

Per anni i burocrati dell’UE a Bruxelles, incaricati di salvaguardare il mercato unico e le relazioni commerciali dell’UE hanno preso decisioni deboli riguardo all’etichettatura obbligatoria. Negli ultimi anni, tale etichettatura è stata autorizzata solo come misura temporanea di crisi per sostenere i caseifici francesi e i fornitori italiani di grano per la pasta.

La prima preoccupazione dei funzionari dell’UE, che sino ad oggi hanno prodotto solo deboli norme, è che tale etichettatura mina il mercato unico dell’UE incoraggiando i consumatori – e i responsabili degli acquisti nei supermercati – a preferire i prodotti nazionali.

Nel 2017, il Belgio si è lamentato , ad esempio, che le etichette obbligatorie “Made in France” su prodotti lattiero-caseari hanno ridotto le esportazioni di latte belga verso la Francia, anche se un’azienda agricola belga potrebbe essere il fornitore più vicino a un negozio francese.

La seconda preoccupazione dell’UE è che i paesi al di fuori dell’UE sono disposti a vendicarsi di etichette obbligatorie con armi commerciali. Nel 2018, il Canada ha protestato per il fatto che l’ Italia desiderasse che i produttori di spaghetti etichettassero la provenienza del grano duro usato nella pasta per rafforzare i coltivatori di grano italiani contro i concorrenti canadesi.

Nonostante queste proteste, il quintetto dell’Europa meridionale ora ritiene che i tempi siano maturi per spostare l’etichetta obbligatoria verso qualcosa di più permanente.