Il documento è molto netto. A un certo punto, nella parte finale, si legge:”Se l’Europa è ancora quella di Spinelli e Schuman, De Gasperi, Monnet e Adenauer, se l’Unione non è solo una parola vuota o una moderna Pilato, e se la vecchia (in più sensi) Europa vuole avere un posto nel mondo, noi i profughi, afghani e non, li dobbiamo accogliere”.
Oggi è l’Afghanistan ieri era la Siria, da sempre l’Africa e in particolare il Sahel. Forse dovremmo accettare, una volta per tutte, per noi e per le generazioni a venire che migrare non è un fenomeno passeggero, un incidente nella storia umana, ma qualcosa con cui convivere, certo da gestire e magari meglio di come si è fatto, che non può essere risolto con la forza, con muri e filo spinato. Per non dire del fatto che sempre più di frequente ad alzare muri e stendere filo spinato, di ferro e di parole, sono Stati che solo qualche ora prima hanno celebrato i “valori europei”.
Per nostra fortuna la storia ci dice che prima o poi anche i muri crollano e i confini impenetrabili si svelano porosi e che non esiste tecnologia al mondo che possa impedire ad un essere umano di cercare un luogo migliore dove poter vivere e dare un futuro a sé e ai propri figli. E dunque, ora che ci troviamo ad affrontare la tragedia afghana, l’ennesimo fallimento della politica estera americana e di tutti coloro che non hanno compreso che la democrazia non si esporta come una lattina di Coca-Cola, ma si costruisce nel tempo e con pazienza, nel dialogo con tutti e nella condivisione di principi e regole, dobbiamo partire dall’esperienza storica e almeno questa volta provare a gestire – e a investire – su questa massa di uomini, donne e bambini in cerca di libertà e speranza.
Farlo non è solo un atto di misericordia e tener fede ai “valori europei” che si predicano (che poi sono quelli dell’intero mondo occidentale, rispetto della dignità umana, libertà, democrazia, uguaglianza, Stato di diritto, rispetto dei diritti umani), ma – diciamocelo – un atto di pura convenienza. Costa meno gestire l’integrazione dei migranti, specie in paesi che misurano tra l’altro tassi di natalità bassi e impoverimento demografico, che gestire blocchi navali, aerei e terrestri.
Tranne che qualcuno non pensi di ritirare fuori l’ideona di qualche decennio fa, quando ai flussi migratori dall’Africa si pensò di rispondere – incredibile ma vero – non con il successivo “aiutiamoli a casa loro”, ma con “impoveriamoli definitivamente a casa loro”, così che nessuno abbia il denaro necessario ad affrontare il viaggio della speranza attraverso deserti e mari. Per fortuna non se ne fece niente, grazie alla denuncia dei media, ma è bene non dimenticare a quali livelli può giungere la nostra paura dello straniero, la nostra profonda insicurezza.
Continua a leggere
https://azionecattolica.it/il-dovere-di-accogliere