MA QUANTO È BANALE PUTIN?

 

Un regime non può sopravvivere senza nemici. E l’occidente è il nemico ideale. Perché per decenni i leader sovietici/russi hanno sempre incentrato il loro livore contro gli americani. In realtà le decisioni dell’autocrate di Mosca dipendono da idee suicide per il Paese, per la società, per l’economia e per la reputazione stessa della Russia.

 

David Tesoriere

 

“La guerra è pace, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza.” (George Orwell 1984). In questi pochi versi è concentrato tutto il pensiero del Grande Fratello. E allo stesso tempo anche quello di Putin. L’unico ad aver stabilito nella sua terra un regime tipico della metà del XX secolo e banale come tutte le dittature dell’epoca.

 

Tutti loro promuovevano il culto del leader, facevano affidamento sull’indifferenza e l’obbedienza delle masse, divinizzavano lo stato, mantenevano il culto della forza, del militarismo e della morte eroica, si confondevano con lo stato e costruivano un modello economico autarchico. Hanno fortemente rifiutato una rotazione del potere, hanno combattuto contro i “traditori nazionali”, hanno imprigionato i loro oppositori, imposto la censura e cercato di governare per sempre. Insomma, un quadro già visto, da cui le moderne democrazie fortunatamente si sono liberate.

 

Nell’età del movimento che non conosce confini per le persone, capitali e idee, Putin mette in scena un teatro della difesa di una sovranità che nessuno aveva mai tentato di distruggere.

 

Ha proposto l’idea, ormai banale, che le sanzioni non hanno minato l’economia russa, che i parametri macroeconomici sono stabili, che il mercato del lavoro è sostenuto dallo Stato, ecc. Naturalmente non ha detto una parola sul fatto che il paese si sta costantemente dirigendo verso un disavanzo di bilancio, che il reddito disponibile reale sta diminuendo, che l’economia sommersa sta diventando legale.

 

Altra teoria fortemente amata dall’autocrate è quella secondo cui l’Occidente stava trattenendo la Russia. Come e dove non è specificato. In realtà, Putin e i suoi compari avevano bisogno della Russia senza possibilità di sviluppo, dal momento che così è più facile controllare le masse. Un regime non può sopravvivere senza nemici. E l’occidente è il nemico ideale. Perché per decenni i leader sovietici/russi hanno sempre incentrato il loro livore contro gli americani. Il nemico di uno stato che per tutti loro ha schiacciato ogni essere vivente e ha azzerato la reputazione dei russi.

 

Ma tutti questi banali deliri, degni di un film di Chaplin, sarà difficile sostituirli con una più dignitosa idea di società. Oramai la Russia è un paese in cui non è possibile cambiare rotta. Non hanno più gli strumenti per cambiare l’autocrate. Hanno distrutto quegli stessi strumenti per inutilizzo negli ultimi due decenni, perché pensavano che la democrazia non valesse niente, che il modo per fare soldi fosse collegarsi con il Cremlino e l’FSB senza alcun tipo di elezioni competitive.

 

Certo, le élite capiscono che tutte le decisioni di Putin, inclusa quella più importante del 24 febbraio, sono idee suicide per il Paese, per la società, per l’economia e per la reputazione della Russia. Ma non riescono a svincolarsi perché, come si diceva sempre in 1984, “L’ortodossia imponeva la mancanza di autocoscienza”.