Pubblichiamo un ampio stralcio dell’articolo di “Famiglia Cristiana” (a firma Giulia Cerqueti) sulla legge pro-eutanasia varata nelle ultime ore dal Parlamento spagnolo.

La legge spagnola stabilisce una serie di passi vincolanti che precedono l’ eutanasia: il paziente, che deve essere di nazionalità spagnola o residente legale nel Paese, deve  essere capace di intedere e di volere e manifestare espressamente la sua volontà in forma scritta due volte in quindici giorni. In questa richiesta deve risultare chiaro che la sua decisione non sia “frutto di alcuna pressione esterna”. Il paziente deve inoltre chiarire di essere stato informato del processo medico che andrà a subire e delle differenti alternative, incluse le cure palliative. Una volta iniziato il procedimento, il paziente avrà sempre facoltà di cambiare la sua decisione. Dopo la seconda richiesta scritta, il medico presenterà la domanda alla commissione competente in ogni regione autonoma che la sottoporrà all’ esame di due professionisti e successivamente darà la sua risposta, affermativa o negativa, che dovrà pervenire entro 19 giorni.

Il premier socialista Pedro Sánchez ha espresso la sua soddisfazione su Twitter. La legge è stata osteggiata dal Partito popolare e dal partito di estrema destra Vox. E’ stata respinta anche dal Comitato di bioetica di Spagna, che non considera l’ eutanasia un diritto, e dall’ Organizzazione medica collegiale, che vigilerà sulla regolamentazione della possibilità dell’ obiezione di coscienza per i medici e il personale sanitario e dichiara che l’ aiuto a morire non è un atto medico, anche se la legge lo inserisce tra le prestazioni sanitarie.

Forte e decisa è la reazione della Chiesa cattolica spagnola, che ha espresso la sua preoccupazione per la nuova legge attraverso la voce di monsignor Luis Argüello, vescovo ausiliare di Valladolid e segretario generale della Conferenza episcopale: «Questo è il momento di favorire una cultura della vita e di compiere passi concreti promuovendo un testamento biologico o dichiarazioni anticipate che permettano ai cittadini spagnoli di manifestare in maniera chiara e determinata il loro desiderio di ricevere cure palliative. La loro volontà di non essere oggetto di questa legge». Il vescovo ha ricordato che ogni anno in Spagna muoiono 60mila persone con grandi sofferenza, che potrebbero essere evitare con una politica adeguata di rimedi palliativi. In questo modo, ha detto monsignor Argüello, non si provocherebbe la morte, ma ci si prenderebbe cura «con tenerezza, vicinanza, misericordia» di quelle persone si grovano nella fase finale della loro esistenza.

Anche monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, si è espresso sulla legge spagnola: «Alla diffusione di una vera e propria cultura eutanasica, in Europa e nel mondo, si deve rispondere con un approccio culturale diverso. La sofferenza e la disperazione dei malati non vanno ignorate. Ma la soluzione non è anticipare la fine della vita. La soluzione è prendersi cura della sofferenza fisica e psichica». ha continuato l’ arcivescovo: «Quando non si può più guarire, possiamo sempre curare le persone. Non dobbiamo anticipare il lavoro sporco della morte con l’eutanasia. Dobbiamo essere umani, stare accanto a chi soffre, non lasciarlo nelle mani di una disumanizzazione della medicina o nelle mani dell’industria eutanasica».