Una cultura democratica ancorata alla Costituzione ha consentito al Presidente di affrontare con la determinazione indispensabile il fenomeno populista, che proprio negli anni del suo mandato ha espresso una forza non indifferente. Mattarella lo ha contrastato con i suoi modi garbati e gentili, con il suo stile anche felpato, ma con la fermezza che il pericolo esigeva.

Sergio Mattarella è stato un grande Presidente della Repubblica. È questo un giudizio che un’ampia maggioranza della popolazione italiana fa suo. Cosa c’è dietro questo consenso tanto vasto, distribuito nelle diverse zone geografiche del Paese e fra differenti ceti sociali?

Vi sono certo, io credo preminenti, valutazioni derivanti dalla percezione per così dire “istintiva” che nel corso di questi sette anni ciascuno di noi cittadini ha avvertito circa le qualità umane della persona: seria, affidabile, posata, tranquilla ma pure ferma e determinata ogni volta che si fosse reso necessario difendere i principi che stanno alla base della Costituzione italiana. Un politico di qualità e di severa competenza istituzionale che al tempo stesso è un cittadino italiano come chiunque altro, privo di quella più o meno velata arroganza che traspare da molte persone esercitanti un qualche potere sulle altre o su alcune altre. Così è apparso alla gente comune perché così egli è. E quando realtà e immagine percepita coincidono, anche oggi nella società spesso falsa dell’apparenza per una qualche ragione nascosta, ma insita nella dimensione umana di ognuno, le persone lo capiscono, lo intuiscono e lo apprezzano.

Ma oltre a questa dimensione umana così ricca di semplicità, c’è molto di più. C’è innanzitutto una cultura politica, quella del cattolicesimo democratico, che molto ha offerto a questo Paese e che il Presidente Mattarella ha rappresentato al meglio nelle sue espressioni ferme in difesa della Costituzione e dei diritti/doveri in essa presenti nonché nella sua attiva azione in favore di un ruolo rilevante dell’Italia nella costruzione, sempre complicata, dell’edificio comunitario europeo.

E c’è altresì la sapienza costituzionale propria non solo del giurista, del professore del diritto intimamente rimasto tale anche se la vita lo ha condotto a divenire un politico; ma anche e, direi, soprattutto del politico innervato di quella cultura, artefice delle migliori e più intense pagine della Carta fondativa della nostra Repubblica.

Questa intensa cultura democratica ancorata alla Costituzione ha consentito al Presidente di affrontare con la determinazione indispensabile il fenomeno populista, che proprio negli anni del suo mandato ha espresso una forza non indifferente. Mattarella lo ha contrastato con i suoi modi garbati e gentili, con il suo stile anche felpato ma con la fermezza che il pericolo esigeva. Ciò egli ha potuto e saputo fare in virtù della saldezza dei suoi principi costituzionali.

Oggi il M5S ha in buona misura cambiato rotta (anche se non è affatto chiaro se i germi della sua originaria rivolta contro il “sistema” siano definitivamente scomparsi oppure no, o se sono tuttora incistati nel suo vecchio elettorato ancorché meno evidenti o finanche evaporati nei suoi rappresentanti istituzionali) ma non è difficile ricordare la loro ridicola richiesta di messa in stato d’accusa proprio del Presidente Mattarella, solo pochi anni fa; né il sostegno portato in Francia ai gilet gialli dall’allora capo politico e ministro della Repubblica Luigi Di Maio: una crisi con Parigi che non deflagrò solo in virtù dell’immediatezza con la quale Mattarella intervenne presso Macron; né numerosi altri episodi, a cominciare dalla esibita irriverenza di Beppe Grillo verso le figure e i luoghi del ”sistema”, che hanno contraddistinto la via italiana al populismo di marca pentastellata. Che ha trovato però nel Quirinale. Un valico insormontabile. E così pure può dirsi per l’altra forma populista di questa epoca, il sovranismo anti-europeista della Destra e soprattutto quello della nuova Lega nazionalista grande vincitrice dalle elezioni del 2019 per il Parlamento di Strasburgo.

Il populismo grillino e il sovranismo salviniano hanno inoltre attivamente operato per stravolgere la storica collocazione internazionale dell’Italia, con le evidenti aperture nei confronti del regime cinese del primo e le roboanti dichiarazioni esternate dalla Piazza Rossa e non solo del secondo. E sull’europeismo e la collocazione atlantica del nostro Paese è stato Mattarella a tenere la barra diritta, attraverso un sapiente e accorto lavoro di tenuta delle relazioni internazionali al massimo livello diplomatico. 

C’è stato, dunque, durante il settennato il più forte tentativo di scardinamento delle nostre istituzioni e del nostro tessuto di alleanze internazionali. Ad esso si è opposto, con pieno successo, proprio il Presidente Mattarella. Qualcuno magari fa finta di non ricordarselo. E allora è bene rammentarlo. Serve da ammonimento per il futuro. Non si sa mai.