I risultati del progetto MedSeaLitter sono stati appena illustrati a Roma, nel corso di una giornata dedicata al progetto finanziato con fondi Ue per oltre 2 milioni di euro, realizzato attraverso una rete di collaborazione tra Aree marine protette, supportate da istituti di ricerca, associazioni ambientaliste e università di quattro Paesi dell’Unione (Italia, Spagna, Francia e Grecia), che ha permesso di sviluppare per la prima volta un protocollo condiviso di monitoraggio sui rifiuti marini e i loro effetti nel Mar Mediterraneo. Le rilevazioni effettuate con un drone hanno permesso poi consentito di registrare sottocosta una densità di oggetti che varia da 34 a 40 elementi ogni chilometro quadrato. Questi dati emergono dall’analisi di oltre 4.700 immagini registrate ad una quota variabile che va da 20 a 65 metri sul livello del mare.

Gli oggetti galleggianti più frequenti provengono dal settore pesca e da quello legato al cibo: il 23% sono cassette di polistirolo, il 16% bottiglie di plastica, il 15 frammenti di oggetti non riconoscibili, il 13 % buste di plastica e l’11% frammenti di polistirolo. Il progetto ha messo a punto anche metodologie di analisi dei contenuti stomacali del biota per verificare la presenza di microframmenti di plastica grazie alle attività dei partner di MedSeaLitter in collaborazione con i centri di recupero tartarughe marine e le reti di monitoraggio degli spiaggiamenti. Anche questa metodologia viene messa ora a disposizione delle Aree marine protette.

Per le rilevazioni sono stati oltre 20.000 i chilometri di transetti di mare percorsi, di cui circa 1.600 con piccole e medie imbarcazioni e quasi 19.000 chilometri con grandi imbarcazioni (traghetto); 6.500 gli oggetti galleggianti registrati (tra il 13 e il 25%) e i rifiuti dovuti ad attività umane (tra il 75 e l’87%), di cui la maggior parte (tra l’80 e il 90%) composto da polimeri artificiali (plastica), mentre il restante è composto da carta (circa 3%), e poi vetro, metallo e tessuti. I monitoraggi per testare la metodologia di osservazione dei rifiuti sono stati effettuati nel periodo che va da febbraio 2017 a dicembre 2018 nel Mediterraneo (Costa spagnola, Golfo del Leone, Amp Capo Carbonara, lungo transetti transfrontalieri in Mar Ligure, Mar di Sardegna-Baleari, Mar Tirreno, Canale di Sardegna e Sicilia, Mar Adriatico e Ionio). Nello specifico, in alto mare tramite traghetto, sono stati percorsi oltre 23.500 chilometri (per un totale di 2.088 chilometri quadrati) su rotte che percorrono il Mediterraneo (Ancona-Patrasso, Civitavecchia-Barcellona, Livorno-Bastia, Palermo-Tunisi, Tolone-Ajaccio, Tolone-Ile Rouse, Cagliari-Palermo) e sono stati registrati 4.859 rifiuti con dimensioni maggiori di 20 cm, con una densità media variabile da 1 a 10 rifiuti ogni chilometro quadrato percorso.

Lungo la costa invece, i monitoraggi sono stati effettuati con piccole o medie imbarcazioni dalle quali è possibile avvistare anche i rifiuti di minori dimensioni. Sugli oltre 1.600 chilometri percorsi sono stati avvistati 1.415 rifiuti con dimensione maggiore di 2,5 cm, per una densità che, secondo le stime, può arrivare sino a 600 oggetti per chilometro quadro di mare. Il monitoraggio ha riguardato anche i rifiuti galleggianti alla foce del fiume Tevere. In questo caso, durante l’anno di osservazioni sono stati registrati 1.442 oggetti, con una media che varia da 76 a 95 oggetti all’ora, di cui l’85% con dimensione compresa tra 2,5 e 20 cm e il restante superiore a 20 centimetri. La comparazione tra i dati relativi agli oggetti maggiori di 20 centimetri in zone di alto mare, con quelli costieri e alla foce di un corso d’acqua come il Tevere conferma un gradiente che aumenta andando sottocosta fino alla foce dei fiumi, dimostrando che le foci sono gli input principali della dispersione dei rifiuti in mare e che le azioni di mitigazione devono considerare anche le aree dell’entroterra e non solo quelle costiere.

MedSeaLitter è un progetto europeo cofinanziato dal Programma Interreg Med, guidato dal Parco nazionale delle Cinque Terre, che vede collaborare Ispra (Italia), Università di Barcellona (Spagna), Università di Valencia (Spagna), Medasset (Grecia), Hellenic Centre for Marine Research (Grecia), Area marina protetta di Capo Carbonara (Italia), Ecole Pratique des Haute Etudes (Francia), EcoOcean (Francia) e Legambiente (Italia).