In una vicenda totalmente anormale come quella della crisi di Governo (ma, potremmo dire, anormale come questo ciclo della vita politico-istituzionale), bisogna stare molto attenti nel formulare giudizi definitivi. Tutto può cambiare e poco è come sembra.

Tuttavia una domanda sorge spontanea.

Se il PD (giustamente e con fondati e da me condivisi motivi) vuole operare per una soluzione che eviti il ricorso immediato alle urne, per quale ragione ha posto il veto su un eventuale reincarico a Conte?

La risposta che Conte “non poteva non sapere” ciò che il suo Governo stava facendo non regge. Con altrettanta plausibilità, allora, si potrebbe rovesciare questa accusa su tutto il M5S, che sia nel Governo che in Parlamento non si è mai distinto o dissociato dalle scelte imposte dalla Lega di Salvini, decreto sicurezza bis compreso.

Se questa deve essere la logica (in quanto tale astrattamente pertinente) è chiaro che non resta nulla se non le elezioni immediate.

Ma, forse, la logica non è appunto questa.

Nel Parlamento in carica esistono equilibri determinati dagli elettori nel marzo del 2018.

Da questi occorre partire se si intende trovare una possibilità di ragionevole continuità della Legislatura.

Sono personalmente piuttosto perplesso nel leggere che si intende trovare, in questo Parlamento, la base per costruire un “Governo di svolta” con un profilo “politico” a tutto tondo.

Mi pare operazione piuttosto ardita, messa in questi termini.
Ritengo molto più realistico (e comunque altamente corrispondente agli interessi generali del Paese) ricercare in questa fase la possibilità di un Governo che accompagni la Legislatura almeno alla elezione del nuovo Capo dello Stato e che si ponga alcune (poche) priorità sul piano istituzionale, economico-sociale ed internazionale, nei termini indicati – tra l’altro – nei documenti espressi da Rete Bianca e da altre realtà del mondo popolare.

Un “fatto politico” è avvenuto, ovvero la rottura del patto Lega-M5S: su questo punto fa bene il PD a chiedere che siano tolte dal tavolo le ricorrenti tentazioni di una trattativa tesa a ripristinare questo patto.

Per il resto, penso che bene farebbe il Pd a prendere atto della realtà: l’unico ruolo (peraltro fondamentale) che questo partito può esercitare in questa fase, se non si vuole le elezioni immediate, è quello del leale appoggio esterno ad un Governo politicamente espresso dai Gruppi Parlamentari di maggioranza relativa, con la presenza di ministri “condivisi” di particolare autorevolezza anche tecnica in alcuni ruoli chiave, sulla base di un programma “minimo” ma “incisivo”.

A me pare del tutto evidente che porre un veto sulla figura del Presidente uscente, in questo senso, sia un errore clamoroso.

Verso Conte non ho mai nutrito particolari simpatie. Ma, appunto, in una fase come questa, le simpatie contano poco. Contano quel poco di “politica” che è rimasta e la possibilità di ristrutturare in un paio di anni l’intero sistema della rappresentanza politica in Italia, evitando la deriva di una pericolosa involuzione “post democratica”.