Mentana, i giovani e il “dilemma” del giornalismo

Domenica scorsa, direttamente sulla sua pagina Facebook, il direttore del Tg La7, Enrico Mentana, ha annunciato la volontà di fondare un nuovo quotidiano on-line, realizzato interamente da giovani, assunti e regolarmente contrattualizzati.

Domenica scorsa, direttamente sulla sua pagina Facebook, il direttore del Tg La7, Enrico Mentana, ha annunciato la volontà di fondare un nuovo quotidiano on-line, realizzato interamente da giovani, assunti e regolarmente contrattualizzati.

Ciò che più impressiona delle reazioni alla notizia, non è tanto il conteggio (pur significativo) dei commenti e delle condivisioni sui social, quanto il contagio sociale. L’euforia dei giovani “leoni da tastiera”, il sogno collettivo di un ambiente di lavoro protetto e stimolante, in cui crescere sotto l’ala di un protagonista dell’informazione. Una scuola socratica per giornalisti che inviano valanghe di curriculum a Mentana, spingendolo a precisare che la “road map” operativa sarà non prima di settembre.

Con quali risorse si manterrà il nascituro giornale on-line, non è dato sapere. Il direttore Mentana ha garantito: “in caso di passivo, ci penserò io”. In questa sede, ci limitiamo ad alcune brevi riflessioni sullo “stato dell’arte” del giornalismo in Italia.

Il giornalismo nel nostro Paese è oggettivamente indebolito negli introiti (pubblicità, abbonamenti, copie vendute) e nella credibilità. Si sbraccia affannosamente in una spirale di gratuità e compromessi, sopravvivenza e mercato. Un vortice che inizia con l’iscrizione all’albo, miraggio in fondo ad anni di schiavitù continuativa, con casi accertati di finti pagamenti (se non di ragazzi paganti).

In questo contesto, non è facile trovare una “guida” autorevole. In un susseguirsi di nuovi giornali on-line (isole della speranza spesso autogestite), sono pochi i maestri di giornalismo ancora in circolazione con la pazienza e la perseveranza per far crescere una “nuova leva” di giornalisti. Perché poi dovrebbero farlo gratuitamente?

Cosa vuol dire essere giovani, oggi, in Italia? Domanda sospesa su una voragine generazionale e su un esercito di stagisti. Nel mezzo, una generazione “cancellata”, che si convince di essere giovane perché lo è nel costume, spesso purtroppo non lo è più all’anagrafe.

Il sogno del giornalismo è fondamentale in una società aperta e democratica: raccontare quanto accade, nel bene e nel male. Ma intanto il mondo cambia rapidamente e all’esperienza e agli attestati di stima, seguono i bisogni di una sempre più necessaria indipendenza. Così oggi, per molti giovani, il fuoco del giornalismo brucia ma non riscalda: è una passione, un hobby, non una vera professione.

Personalmente scrivo su “Il Domani d’Italia” dal 2011, con riconoscenza verso l’opportunità che questo giornale mi ha dato, nell’imparare un mestiere e nel conoscere qualificati professionisti, di alcuni dei quali sono diventato amico.

Più in generale, nonostante una “mano tesa” come quella proposta da Mentana, il giornalismo si salverà quando qualcuno riuscirà a compiere un ragionamento così elevato da superare il concetto stesso di giornale come strumento quotidiano d’informazione. Non si tratta soltanto di rinnovare il giornalismo, ma di trovare una chiave nuova per attualizzarne i principi nella società contemporanea.

Questa Italia, oltre che di una “Rete Bianca”, ha un grande bisogno di senso critico e di un dibattito culturalmente impegnato. Una volta un giornalista importante mi disse: “Informarsi è il primo passo per migliorare le cose, a cominciare da noi stessi”.

E questo è il messaggio che anche la nostra piccola redazione vuole lanciare.