Per gentile concessione dell’autore, riproponiamo la lettera pubblicata ieri, 14 maggio, sul “Domani”.

Caro direttore, mi è parso un grande contributo storico e politico avere pubblicato l’intervento su Aldo Moro di Marco Follini.

Cresciuto alla scuola del padre, collaboratore di Moro, e influenzato dall’amicizia con un giovane politico siciliano, Franco Bruno, dirigente Dc, prematuramente scomparso, fattori che hanno sicuramente contribuito alla lettura originale della complessa e tragica esperienza di Aldo Moro.

Moro non fu mai “consociativista”, né immaginò in alcun modo di logorare l’alleato, superficiale banalità sfuggita a un collega dell’allora Paese sera e che Moro respinse subito.

Analogamente, in modo non meno significativo, la convergenza col partito comunista avrebbe dovuto prendere le mosse da una comune consapevolezza delle gravi difficoltà presenti, senza mai confondere il compromesso storico di Berlinguer con la solidarietà nazionale morotea restando distinte per storia e natura le due principali forze politiche dell’Italia.

Con delicatezza Follini affronta anche il tema della trattativa e degli equivoci volontari o inconsapevoli sviluppatisi anche dopo l’appello di Paolo VI. Soprattutto per l’assenza di una risposta politica di cui non ci fu traccia alcuna, né sul fronte delle indagini, né a causa dei condizionamenti dei servizi stracolmi di massoni deviati e sostanzialmente in mano ad agenti della Cia.

Solo Moro attraversò il suo tragico calvario con dignità, lasciandoci una tragica eredità che nonostante tutto potrà risultare fruttuosa per la storia futura del nostro paese.