Nessuno risponde a Mons. Galantino? Forse è un bene. Le astrazioni non danno forza a un nuovo partito d’ispirazione cristiana.

Nessuno risponde a Mons. Galantino? Forse è un bene. Le astrazioni non danno forza a un nuovo partito d’ispirazione cristiana.

Delle Foglie ha rilevato un sottile disagio dinanzi alle affermazioni di Mons. Galantino sulla opportunità di riprendere il tema dell’impegno politico dei cattolici, anche attraverso la costituzione di un nuovo partito. Non è un male, di per sé, il silenzio finora registrato. Chi non ha parlato avverte probabilmente il disagio di operazioni surrettizie, con scarsi riferimenti concreti alla realtà del Paese.

Lucio D’Ubaldo

L’ex Presidente dell’Mcl, il giornalista Domenico Delle Foglie, osserva in un articolo che appare su “formiche.net” come la recente uscita di Mons. Nunzio Galantino a proposito della ricostruzione di un partito d’ispirazione cristiana non abbia suscitato particolari reazioni.

Scrive testualmente a riguardo: “La verità è che la diaspora politica dei cattolici è un fatto. Mentre la presenza politica dei cattolici (addirittura nella forma di un partito) resta solo una vaga speranza. Forse più viva all’interno dei Palazzi apostolici (sia pure senza alcuna benedizione) che nel corpaccione del cattolicesimo italiano. A questo punto della nostra storia, cioè nel contesto di una società fortemente secolarizzata e adeguatasi a vivere “senza Dio”, forse la domanda più giusta è un’altra: davvero il sistema Italia ha bisogno di un partito di ispirazione cristiana? La domanda non solo è legittima. È ineludibile”.

Certo, la domanda se non giusta è perlomeno fondata. Ma lo è soprattutto in relazione al fatto che fondatamente Mons. Galantino non ha dato una ricetta, ma ha suggerito una riflessione. A nessuno può sfuggire che il suo invito a riflettere è stato accompagnato dalla premessa circa la necessità di un discorso laico, con tutte le implicazioni e le conseguenze del caso, per il quale un partito di valori adeguati all’insegnamento della Chiesa possa o debba sperimentare un nuovo impegno sulla scena pubblica italiana.

Non è un male, di per sé, questo silenzio finora registrato. Chi non ha parlato avverte probabilmente il disagio di operazioni surrettizie, con scarsi riferimenti concreti alla realtà del Paese e senza una robusta mediazione, intellettuale e politica, che si mostri e si percepisca all’altezza dei problemi. L’astrattezza consiste in primo luogo nella rimozione della straordinaria vicenda del cattolicesimo politico del Novecento. Si vuol ricominciare a prescindere dalla storia, tanto che citare Sturzo o De Gasperi si applesa come dato incidentale, ancorchè esibito con sussiego in alcune circostanze.

Eppure una nota di ottimismo ci vuole. Non è vero che i cattolici rimangano incatenati a un silenzio di prescrizione, guardando di sottecchi la politica e ciò che si muove attorno ad essa, così d’apparire intristiti o sfiduciati. Questo è il tempo dell’accumulazione, per essere domani più generosi, forse anche più maturi. Ogni fuga in avanti nasconde un errore di valutazione e mina alla radice la prospettiva di ripresa del “discorso politico” dei cattolici. Dobbiamo avere fiducia. A patto comunque di essere fedeli alla cultura del dialogo e del pluralismo come orizzonte imprescindibile di qualsiasi operazione concepita e vissuta nel tempo nuovo della Chiesa.