Nietzsche non è morto. Laura Langone e il suo esordio filosofico.

Accudito dalla sorella, il filosofo passò gli ultimi anni della sua esistenza tra le sofferenze fisiche e i deliri mentali.

Cosa significa vivere pericolosamente? Arthur Schopenhauer non si pose mai il problema, datosi che per lui il rimedio tra la nascita e la morte consisteva nel “godersi l’intervallo”. Egli radicò il suo pensiero nell’antichità indiana; Nietzsche riadattò tale domanda, inserendola pienamente nel mondo occidentale, abbeverandosi alla concezione “tragica” dell’antico pensiero greco. Un’umanità che, in pieno Ottocento, diventava sempre più schiva, rancorosa ed inquietante, nonostante le nuove conquiste mediche e tecnologiche, sempre più depressa, chiusa in se stessa, viveva la mancanza di qualcosa: il perduto dionisiaco.

Quella di cui accenno in queste poche righe è una nuova, ma non scontata, narrazione sulla filosofia del celebre pensatore tedesco, che per primo osò dire: “Dio è morto! E voi lo avete ucciso…”. Il filosofo del nichilismo, l’araldo dell’ateismo – suo malgrado – il pensatore “nato postumo”. Su F. Nietzsche tanto si è detto e ancora di più insinuato. Corteggiato dagli ideologi del nazionalsocialismo germanico, alla sua tavola hanno bivaccato orde di filosofi, più o meno originali. Sull’eredità del loro maestro hanno tentato la propria rivoluzione teoretica. Senza successo poiché, per “superare” un filosofo, bisognerebbe prima comprenderlo. La comprensione sfugge alla lettura di Nietzsche, un filologo scopertosi filosofo, un pensatore impalpabile, etereo, incoerente. Forse ciò che è mancato, da parte degli specialisti, è stata proprio la delicatezza di cogliere la passione. E la passione è donna. Una passione del genere la si ritrova in un libro di recente pubblicazione, dal titolo Nietzsche: filosofo della libertà, edito da ETS e scritto da una filosofa trentenne: Laura Langone, emersa dalle acque culturali italiche ed “emigrata” in Inghilterra, dove lavora come ricercatrice all’università di Cambridge.

Quello della Langone è un saggio divulgativo, rigoroso, senz’altro; coerente con la letteratura che, ieri come oggi, si è occupata di Nietzsche. Tuttavia “Nietzsche: filosofo della libertà” è anche la dichiarazione d’amore di una ragazza al suo “mentore” ideale, al pensatore a cui essa ha dedicato tanti anni di studio. Si nota, scorrendo le pagine del libro, una passione per la filosofia di “Federico”, nella delicatezza, nei termini, nel modo misurato con cui Laura Langone presenta un pensatore visto sempre come “violento”; il filosofo del superuomo. I realtà, Nietzsche fu questo, ma anche un canuto signore sofferente, aggravato da una malattia degenerativa, semicieco, seduto sulla sua poltrona con in grembo una coperta per riparare le gambe dal freddo.

Accudito dalla sorella, il filosofo passò gli ultimi anni della sua esistenza tra le sofferenze fisiche e i deliri mentali. Tutto ciò ha interrogato gli studiosi sulla genuinità del suo pensiero, gravato da tanto dolore. Laura Langone recupera l’umanità di Nietzsche, lo porta a livelli di comprensibilità “popolare” senza tuttavia snaturarne il contenuto. Ciò che in passato venne visto come forza, prepotenza, spesso viziato da un’interpretazione maschile e fallocratica, la Langone lo riconduce all’indipendenza, verso il tentativo di comprendere la formula dell’affermazione della libertà umana. Essa coglie quella “sublimità nella quale l’anima si astiene dal lamento, e cammina in silenzio, come sotto alti cipressi”. Cosa significa “vivere pericolosamente”? L’enigma di Zarathustra è il filo conduttore del libro di questa giovane filosofa, ormai non più gloria della sua terra, per lo meno geograficamente, ma a cui ci sentiamo orgogliosamente prossimi. Un orgoglio, questo, che dovrebbero sentire tutti, anche quei grigi cattedratici che, non creando condizioni adeguate in Italia, costringono, di fatto, la fuga dei nostri cervelli migliori. Buona lettura.