Al di la’ del ribaltone che forse sta per nascere dopo la fallimentare gestione del governo giallo/ verde, quello che emerge in modo inequivocabile è che il nodo da sciogliere adesso nel campo del centro sinistra, alternativo alla destra e al movimento antisistema e populista dei 5 stelle, è quello di dar vita ad un partito “costituzionale” che recuperi il progetto e la cultura politica del centro democratico, riformista e innovativo che ha caratterizzato per molto tempo la miglior stagione politica italiana. E, senza entrare nelle dinamiche sempre più misteriose di una crisi di governo “folle” ed irresponsabile, il problema non è riconducibile a favorire, o meno, una scissione all’interno del Partito democratico. Anche perché sarebbe curioso pensare che questa scissione, e l’ennesima, favorisca la ripartenza del campo del centro sinistra. Che oggi, semplicemente, non c’è.

Ormai è da mesi che tutti gli organi di informazione parlano e anticipano come imminente la “scissione” del Partito democratico e nel Partito democratico. Una operazione a mio parere inutile perché non contribuisce, se non in misura ridotta e quasi ininfluente, il tema di un credibile allargamento politico ed elettorale del campo riformista e di centro sinistra. E questo per un semplice motivo: oggi, molto più di ieri, c’è una esplicita richiesta di un nuovo spazio politico che vada a ridare voce ad un pezzo di società che oggi, di fatto, è orfano e senza rappresentanza. Uno spazio politico che prescinde da eventuali scissioni all’Interno del Pd o di altri partiti. Forse oggi, e proprio alla vigilia appunto di questa folle crisi di governo, emerge la necessità sempre più impellente di dar vita ad una nuova forza politica che rimetta in discussione i vecchi equilibri politici e cerchi di ridare una rappresentanza autorevole ed omogenea, nonché credibile, ad una consistente fetta di elettorato oggi spaesata e quasi attonita di fronte ad uno spettacolo semplicemente inguardabile. 

La vera sfida, oggi, è quindi quella di saper costruire un luogo politico, saper intercettare un consenso sempre più liquido e disorientato, elaborare al contempo un progetto politico e di governo che non si faccia condizionare dalle plateali contraddizioni che caratterizzano molte forze politiche e, in ultimo, che sia anche in grado di ridare voce a spezzoni di classe dirigente, di interessi sociali e culturali che oggi sono stancamente presenti nel Pd, in Forza Italia e in altre piccole formazioni politiche e che, invece, sono disponibili a scommettere sul progetto di una nuova forza politica. Questa, quindi, è la vera sfida politica, culturale e forse anche etica. Ma non solo perché quasi tutti i sondaggisti indicano una strada favorevole per una formazione politica che imbocchi quella via, ma per la semplice ragione che è utile per la democrazia italiana, per la qualità del campo riformista e democratico e per le stessa credibilità delle istituzioni nel nostro paese. 

Ecco perché è inutile, e anche un po’ riduttivo, continuare a parlare della scissione all’interno del Pd o di altri partiti. Quello che serve è altro, totalmente altro. Cioè un altro partito, con un nuovo progetto politico e una nuova cultura politica. Lo chiede la contingenza storica e politica italiana, e non un vecchio e stantio gruppo dirigente in preda alla conservazione del proprio seggio parlamentare.