In apertura dei lavori del Convegno “Dante ed il Quadrivio delle Scienze – Il progetto Studanteum”, svoltosi ieri, 9 dicembre 2021, nell’Aula Magna dell’Università La Sapienza, dopo gli interventi della Magnifica Rettrice dell’Ateneo (Sapienza) Antonella Polimeni, del Presidente Fondazione (Sapienza) Eugenio Gaudio e del Preside di Architettura (Sapienza) Orazio Carpenzano, ha portato il saluto il vice presidente della Associazione “Svegliamoci Italici” Umberto Laurenti. Riportiamo di seguito il testo del suo intervento.

Non è il caso di approfittare dello spazio di un saluto a questa vostra iniziativa, per esporvi le origini, gli obiettivi, le attività fin qui svolte dall’Associazione Svegliamoci Italici, della quale Piero Bassetti è presidente ed io vice; mi limiterò a dire che da poche settimane abbiamo dato il via concreto alla costituzione della Italica Global Community, lasciando agli atti di questo evento poche pagine tratte dalla nostra rassegna stampa. Né ho le competenze per affrontare credibilmente temi rilevanti quali il contributo di Dante al formarsi della cultura che ci unisce e contraddistingue, o le caratteristiche innovative e di eccellenza proprie della architettura di Giuseppe Terragni e degli altri componenti della scuola razionalista italiana. 

Mi limiterò a sottolineare alcuni elementi che accomunano il percorso di studio e ricerca da voi compiuto per arrivare al progetto Studanteum come luogo dedicato al fondersi e compenetrarsi del pensiero scientifico e umanistico, ed il percorso da noi avviato per favorire la creazione della Comunità di tutti coloro che nel mondo apprezzano la cultura italica.

La fuga (che più propriamente definirei circolazione) dei cervelli, c’è sempre stata. Tale fenomeno trae le proprie radici nella nascita delle Università  che ha gradualmente rimesso in circolazione, fuori dalle mura dei conventi dove avevano trovato protezione nei secoli più bui, i testi antichi e, con essi, la conoscenza del sapere e la produzione culturale. Tanti studiosi e tanti artisti hanno lasciato la propria terra  di nascita per andare ad accrescere il proprio sapere e la propria maestria altrove, determinando al contempo l’arricchimento culturale dei nuovi luoghi di attività. In genere si è trattato di vite coronate dal successo che, attraverso un percorso ricco di sacrifici, hanno quasi sempre riportato lo studioso o l’artista a casa.  Non è potuto invece tornare a casa il trentenne italico Davide Giri, ricercatore alla Columbia University di New York, ucciso a pochi passi dalla sua residenza universitaria. 

Dunque la circolazione di cervelli ha sempre contraddistinto l’Europa e, in particolare, l’Italia, coinvolgendo poeti, letterati, medici, musicisti, uomini d’armi e di chiesa, artisti e, in questi ultimi anni,…chef e stilisti! Negli  anni ’60, ’70, ’80, fino all’avvento generalizzato del web, l’accesso alla conoscenza scientifica avveniva esclusivamente attraverso il percorso scolastico ed universitario e l’approfondimento individuale mediante i testi scritti.  Tante le problematiche conseguenti: accesso elitario agli studi, scarsa disponibilità di laboratori ed attrezzature, qualità non omogenea del corpo docente, sostanziale esclusione di gran parte dei cittadini residenti nelle aree rurali e nelle periferie urbane. Poi è arrivato il web e, contemporaneamente, si è avviata una pressoché totale globalizzazione dell’economia e  della scienza. Pertanto non ci sono più di fatto barriere per l’accesso alla conoscenza scientifica ed alla cultura in generale, non esistono  confini nazionali per la circolazione delle idee, delle acquisizioni scientifiche, dell’innovazione. Alla stessa stregua non ci sono più barriere per la circolazione e l’emigrazione dei cervelli, degli scienziati, dei protagonisti della ricerca in qualsiasi campo. 

Gli Italici: non solo coloro i cui avi sono emigrati nei vari continenti nel corso dell’ultimo secolo, ma anche e, direi, a maggior ragione, poiché è il risultato di una libera scelta individuale, di coloro che si riconoscono  nello spirito italico: persone spesso che neppure sono in grado di parlare la lingua italiana ma certamente riconoscono ed amano il linguaggio italico. E per capire quanto conta la cultura, basti pensare all’influenza che la Rai esercita con le sue trasmissioni in tutto il bacino Mediterraneo ed anche nel resto del mondo. Gli Italici sono sempre stati europei, e tra essi Dante Alighieri, italico-europeo, già dal cognome, che vuol dire tedesco di origine, glocale ante-litteram, poiché legato al proprio territorio ma proteso nel mondo, padrone della cultura dell’intero mondo allora conosciuto. Ed il legame con il territorio di origine ed al contempo con il mondo intero, dovrà essere un tratto distintivo dello Studanteum, favorendo l’interazione tra le diverse culture e l’unione tra Accademia e società civile. 

Fa un po’ impressione dover richiamare di continuo la funzione sociale dell’Università, i cui costi non possono venir sopportati solo dalle famiglie degli studenti, e leggere invece nelle cronache di Tuscania, una città allora di 3 mila abitanti: “Nel febbraio 1510 Tommaso di Vincenzo Tome era iscritto al secondo anno di giurisprudenza dell’Università di Siena ed ottenne dalla comunità di Tuscania i 15 fiorini, relativi al primo anno, previsti dalla norma statutaria che stabiliva un sussidio triennale di 15 fiorini annui per gli studenti di giurisprudenza e 12 fiorini per quelli di medicina. Inoltre gli studenti erano esenti dalle prestazioni personali dovute alla comunità e da qualsiasi imposta. L’anno successivo, alla fine di ottobre, Vincenzo ottenne il sussidio per il secondo e terzo anno, precisamente 30 ducati d’oro camerali, equivalenti a 30 fiorini”.

Scrivevo in una intervista dell’ottobre 2018: “Sul piano del business, della diffusione della cultura Italica nel mondo, delle ricadute positive per il turismo ed il consumo dei prodotti italici, è tutto facilmente intuibile, ma anche sul piano squisitamente politico, non ho paura a dire che ne potrà derivare un grande vantaggio: quando servirà,  saranno gli Italici a salvare gli italiani”. 

Possiamo dire che abbiamo gettato un seme, in questi quattro anni, se abbiamo potuto leggere sul “Sole 24 Ore” del 4 dicembre scorso, un articolo dell’economista bocconiano Severino Salvemini, del quale riporto alcune righe: “Secondo Piero Bassetti siamo oggi in presenza di un foltissimo pubblico internazionale che adora lo stile italiano, inteso come comune sentire, come modo di stare al mondo, come atteggiamento di fondo. E condivide valori, modelli di consumo, modalità di fare business, di mangiare e bere, di vivere l’arte, e così via. Sono gli italici, parlano lingue differenti, ma condividono il gusto della lingua italiana come elemento rilevante per comprendere la storia e la contemporaneità dell’Italia”. “I fattori che rendono vincente l’affermazione del prodotto italiano nel mondo sono molto legati a componenti immateriali difficilmente narrabili: il cosiddetto soft power o, all’italiana, il potere morbido e garbato”. “Pertanto capire a quali condizioni la lingua italiana incorpori, anche se intangibilmente, i valori del Made in Italy e della creatività italiana, è di sicuro un esercizio conveniente. Approfondire i percorsi di successo delle aziende italiane, individuarne i tratti distintivi e socializzarli con il vasto pubblico straniero degli “italici” aiuta a far capire meglio il nostro Paese contemporaneo e a consolidare la giusta reputazione del brand Italia”.