62 anni fa ci lasciava un grande imprenditore italiano. Natalia Ginzburg disse di lui: “Lo incontrai a Roma per la strada, un giorno, durante l’occupazione tedesca. Era a piedi; andava solo, con il suo passo randagio; gli occhi perduti tra i suoi sogni perenni, che li velavano di nebbie azzurre. Era vestito come tutti gli altri, ma sembrava, nella folla, un mendicante; e sembrava, nel tempo stesso, anche un re. Un re in esilio, sembrava”.

Quante volte abbiamo sentito dire che bisogna saper seguire il proprio cammino e che quando questo non ci piace bisogna disegnarlo il più vicino possibile alle nostre aspettative? Un modo di dire per molti. Una realtà per qualcuno. Un modo di essere per Adriano Olivetti.

Spesso, in questi tempi, dimentichiamo la sua figura a vantaggio di personaggi più contemporanei. Un errore. Infatti, quindici anni prima di Steve Jobs e Bill Gates, Olivetti, con il Programma 101, ha aperto la strada alla rivoluzione del nostro tempo. All’epoca, l’idea di un personal computer era poco più che una visione e servì tempo e passione per poter arrivare, il 14 ottobre 1965 a New York, alla presentazione del primo computer.

Un successo clamoroso.

I primi acquisti furono fatti dalla Nasa, che li usò per compilare le mappe lunari ed elaborare le traiettorie dell’Apollo 11, che nel 1969 portò l’uomo sulla luna. La macchina, che dall’aspetto sembrava una calcolatrice tecnologica, era dotata in realtà della possibilità di effettuare salti condizionati e incondizionati, istruzioni di output, registri e possibilità di salvare dati e programmi su un supporto magnetico esterno. Operava su registri numerici (con spostamenti tra di essi). Insomma, un vero e proprio calcolatore.

Ma in quegli anni non fu il solo progetto del Sognatore Olivetti. Nel 1957 l’Olivetti sviluppò l’Elea 9003. Il primo computer a transistor commerciale prodotto in Italia e uno dei primi del mondo. La potenza di calcolo (di circa 8-10 000 istruzioni al secondo) fu per alcuni anni superiore a quella dei concorrenti. L’Olivetti Elea 9003 non fu però soltanto il primo calcolatore elettronico italiano e nel mondo, ma presentò soluzioni d’avanguardia anche dal punto di vista logico e funzionale, quali la possibilità di operare in multiprogrammazione e la capacità di gestire un’ampia gamma di unità periferiche. Un’altra peculiarità dell’Elea consistette nell’attenzione data al design, perché Adriano Olivetti ripeteva che “il design è l’anima di un prodotto”.

Cosa che oggi ci fa venire in mente la famosa frase di Steve Jobs: “Noi vogliamo dare un pezzo di design che migliori il lavoro delle persone”.

Ma come riuscì Olivetti ad arrivare a tanto? Il successo venne raggiunto con una strategia ben precisa. Quella di pensare sempre prima alle persone. L’attenzione per le condizioni del lavoratore divennero, ad Ivrea, fondamentali. La continua ricerca per migliorare i salari, gli ambienti di lavoro e servizi sociali, la costruzione di quartieri per le abitazioni dei dipendenti dotati di tutti i servizi necessari come biblioteche, mense e asili, pose il lavoratore al centro del sistema industriale e la sua efficienza non venne più ottenuta con l’ iper-utilizzo ma mettendolo nella condizione di rendere al meglio, di sentirsi parte di un progetto comune.

Egli ridusse l’orario di lavoro prima che questo fosse stabilito per legge, introdusse il sabato festivo, tutelò il periodo di maternità e offrì assistenza medica alle operaie, alle mogli dei dipendenti e ai loro bambini, che vennero vaccinati contro la poliomelite. Olivetti, insomma, aveva capito che un lavoratore soddisfatto è un lavoratore migliore. Fu così che la fabbrica di Ivrea divenne un modello di successo; in poco più di un decennio la produttività aumentò del 500% e il volume delle vendite del 1300%. 

Non dovremmo fare tesoro di questa lezione?