Padre Francesco Occhetta, nell’editoriale del giornale online della Comunità di Connessioni, scrive che: “Nel tempo dell’epidemia, la paura e l’incertezza hanno fatto emergere le vulnerabilità strutturali in cui versa il Paese. Il virus ha aggredito i polmoni sociali e politici di una società ripiegata sul proprio individualismo, provata dall’erosione della classe media, dall’aumento dei poveri e dalla crescita di pochi ricchi”.

“La storia ci insegna che, quando la percentuale dei vulnerabili è troppo alta e la ricchezza rimane nelle mani di pochi, le rivolte sociali sono dietro l’angolo”.

Ma avverte: “Non sono (solo) i consumi da rilanciare, noi stessi rischieremmo di finire consumati. La qualità della vita personale e sociale è da ripensare. Il sistema ha bisogno di una deframmentazione, come quella che si fa nei nostri computer. C’è bisogno di scegliere e decidere da quale parte stare”. Secondo p. Occhetta, poi, “il blocco dei licenziamenti e la cassa integrazione in deroga sono solo misure analgesiche che alleviano il dolore senza risolvere il problema. L’alternativa – inclusa anche nella visione sociale della Chiesa – è quella di creare le condizioni per “il lavoro per tutti”. Questo obiettivo diventa raggiungibile grazie alla nuova visione di lavoro che le nuove generazioni stanno, in parte, sperimentando”.

“Dobbiamo renderci conto che un mondo, quello che abbiamo conosciuto, in cui abbiamo creduto e vissuto, è finito – conclude p. Occhetta –. Ricominciare un ciclo nuovo, guidato da comunità culturali preoccupate di ‘coltivare persone’, e non di ‘sedurre clienti’, è ancora possibile. Occorre però ritornare a impegnarsi direttamente”.