Sull’alleanza organica, storica o strutturale tra il Partito democratico e i 5 stelle si sono già dette molte cose. Certo, siamo ormai abituati alle piroette dei 5 stelle e ai cambiamenti repentini e senza alcun approfondimento politico della loro prospettiva politica. Ma, del resto, questo fa parte della loro natura populista e demagogica. Del resto, è curioso che dalla piattaforma Rousseau si ratifica un cambiamento radicale del progetto politico – mi riferisco, soprattutto, alla volontà di stringere alleanze definitive ed irreversibili e nel caso specificità con il Pd – e, al contempo, a livello locale e regionale si continua a correre da soli in virtù di una purezza ormai del tutto anacronistica e singolare. Ma tant’è.

Francamente stupisce molto di più il comportamento del Pd, o perlomeno della stragrande maggioranza di quel partito. Ovvero, la piena ed immediata adesione alle indicazioni emerse da una piattaforma privata e dopo una consultazione che avviene alla vigilia di Ferragosto.

Una adesione, e una condivisione, che nell’arco di pochi giorni viene
immediatamente messa in discussione dagli stessi proponenti attraverso ragionamenti – si fa per dire -, interviste e prese di posizione dove non si capisce mai dove inizia la
convenienza e dove finisce il tatticismo di giornata. Ma anche qui, è inutile approfondire
ulteriormente la questione, visto e considerato che la politica contemporanea non è più
sintonizzata lungo i canoni della prospettiva e della progettualità a lunga scadenza ma vive e si nutre di tatticismo, di contingenza quotidiana e, soprattutto, di convenienza
momentanea. Ecco perchè dopo una simpatica e del tutto casuale consultazione
ferragostana sulle alleanze del futuro di un partito di governo, seppur radicalmente priva di alcuna discussione, di confronto, di dibattito e di approfondimento politico, culturale e
programmatico, difficilmente può decollare una vera, autentica e credibile strategia delle
alleanze a lungo termine.

Altro tema riguarda, invece, il Partito democratico. Un partito che, almeno sulla carta,
dovrebbe costruire la sua cultura delle alleanze attraverso un percorso politico e di
contenuti fondato sul confronto, sul coinvolgimento popolare e sul dibattito tra le diverse
componenti. Purtroppo, e forse in ossequio al verbo populista e demagogico dei 5 stelle,
tutto ciò non è stato possibile. Ma, comunque sia, una seria e credibile cultura delle
alleanze non può prescindere da un serio dibattito politico e culturale.

È sufficiente scorrere le varie fasi politiche e storiche che hanno caratterizzato e scandito la vita politica italiana per rendersi conto che sul capitolo delle alleanze le casualità e le improvvisazioni, di norma, rappresentano una eccezione e non la regola. Perchè è proprio su questo versante che entrano in gioco i valori, le culture politiche, i programmi, i contenuti e quindi le prospettive politiche dei vari soggetti campo. Per dirla con una sola parola, entra in gioco la credibilità e la serietà della politica. C’è da augurarsi che da parte delle forze politiche che non sono ispirate dal solo populismo da un lato e che non rispondono solo e soltanto alla cifra di un partito personale e del capo dall’altro, ci sia un ravvedimento su questo terreno. Anche perchè risponde alla natura dei partiti democratici, costituzionali e che non si rassegnano alla deriva populista, demagogica e autoritaria.

Ma c’è anche un altro aspetto che merita di essere ricordato quando si parla di alleanze e di cultura delle alleanze. E cioè, come evitare che la cifra del trasformismo diventi la nuova stella polare che orienta e disciplina il comportamento delle forze politiche italiane. Del resto, abbiamo la controprova che proprio il trasformismo è diventato l’elemento decisivo che giustifica le piroette, i cambiamenti, le capriole improvvise e la smentita più radicale di tutto ciò che, nel caso specifico, si era detto e giurato e sollennemente proclamato sino a pochi giorni prima.

È per questo semplice motivo che la politica delle alleanze, per dirla con i grandi statisti
del pensiero cattolico democratico, merita di non essere scambiata e contrabbandata
come una semplice variante del tatticismo e posizionamento quotidiano. Costruire le
alleanze è un’altra cosa. Almeno per quei politici, per quei partiti e per quelle comunità
politiche che non si fanno incantare dalle sirene di una maldestra modernità e del tutto
effimere.