“La Stampa” ha scritto recentemente che “Zingaretti punta alla svolta maggioritaria”. Da tempo il segretario del PD sarebbe convinto che il sistema italiano deve evolversi verso un “nuovo bipolarismo”, con un centrodestra guidato dalla Lega e un nuovo centrosinistra da costruire attorno al Partito Democratico, che comprenda anche i Cinquestelle. Tuttavia per realizzare questa strategia sarebbe necessaria una legge elettorale maggioritaria, che consenta agli elettori di conoscere prima del voto con quali alleanze formare il governo. Si dovrebbe pertanto abbandonare l’idea di “tornare alla proporzionale in maniera dissennata” come ha sostenuto Geremicca, editorialista del quotidiano torinese. Anche Goffredo Bettini, consigliere di tutti i segretari PD che hano condiviso la “vocazione maggioritaria”, ha spinto Zingaretti a fare questa scelta, senza però chiedersi dove porterà…

Se ciò che induce Zingaretti alla svolta maggioritaria fosse l’obiettivo di dare vita a un governo in grado di contrastare l’onda sovranista, di portare a conclusione questa contorta legislatura, gli si potrebbe ricordare che la governabilità può essere garantita, forse meglio, da una legge proporzionale con premio di maggioranza, da assegnare al partito (o alla coalizione) che conquista la maggioranza relativa dei voti, con la clausola che impone nuove elezioni nel caso di una crisi di governo.

Ma forse il dubbio che agita il PD, in questa burrascosa stagione della politica, dipende dal fatto che si sono iscritti alla futura competizione elettorale due nuovi partiti, guidati da Renzi e da Calenda; e questa novità ha a che fare con la storia del centrosinistra, mentre sta organizzandosi un movimento di ispirazione cristiano-popolare, che potrebbe dare vita a una nuova esperienza, e che comunque potrebbe orientare il voto di molti elettori.

Il Partito Democratico potrebbe interpretare la forte domanda di cambiamento che sta scuotendo l’opinione pubblica; ma questa scelta lo costringerebbe ad abbandonare l’idea di un più stretto rapporto con i Cinquestelle… E allora potrebbe prevalere nel PD l’idea di scoraggiare questi nuovi competitori, con una legge maggioritaria che ne ostacoli la discesa in campo. Ma sarebbe un salto nel vuoto anche per il PD.

Quando si apre una riflessione sui sistemi elettorali, bisogna ricordare che “non c’è buon vento per chi non sa quale rotta seguire”. Il PD sa dove vuole andare?

Leggo sull’Espresso che nel partito sarebbe in corso una sfida “tra due anime del partito”: neoliberisti e solidali, entrambe dai profili indefiniti, anche dopo la Conferenza di Bologna. E anche il M5S sembra diviso tra una destra, che è tentata dal sovranismo, e una sinistra che vorrebbe consolidare l’intesa con i democratici. La destra grillina sovranista è pronta a uno scontro bipolare, la parte sinistra resta incerta, anche sulla propria identità, mentre il governo “giallorosso” zoppica in maniera sempre più evidente.

In questa situazione, l’imprevista mobilitazione delle Sardine, che hanno riempito Piazza Maggiore a Bologna per contestare Salvini, e poi hanno ripetuto questa impresa in molte altre piazze al Nord e al Sud, fa pensare che il vento possa cambiare direzione. Tuttavia questo avvenimento sta rendendo più impegnativa anche la discussione sul futuro dei Democratici, poiché – come ha scritto Ilvo Diamanti – si tratta di un movimento “alla ricerca di una identità”. Se poi ci riferiamo a quanti cercano di dare una risposta al disagio del mondo cattolico, alla maggioranza che da tempo non vota, al centro che guardava a sinistra, ci incontriamo nuovamente con l’attesa di una radicale novità. Anche guardando a questa realtà Padre Bianchi si è augurato che la generazione che sembra uscire dall’indifferenza, sappia proporsi un nuovo orizzonte sociale e sappia approdare alla politica. Dicendo no a Salvini, questi movimenti si sono slegati dal sovranismo e appaiono chiaramente alternativi all’antipolitica, alla democrazia illiberale. Ma dovranno confrontarsi con la realtà…

Per le Sardine non si tratta di un movimento “collaterale” alla sinistra; si tratta di una sfida, di una contestazione che riguarda anche i partiti che non hanno saputo ascoltare e parlare al popolo. Si tratta di una nuova ondata “di protesta” destinata ad esaurirsi?

In realtà questi giovani non sono prigionieri del giacobinismo di Rousseau, non affidano il cambiamento alla rottamazione, alla ghigliottina: dicono no all’odio e alla violenza, vogliono un Paese migliore… In queste piazze non c’è traccia di populismo giustizialista; quando cantano Bella Ciao fanno riferimento agli ideali della Costituzione repubblicana e sembrano consapevoli delle difficoltà che incontra la democrazia nel tempo della globalizzazione e dell’economia digitale.

A questo punto, i dibattiti sul sistema elettorale e quello sul progetto politico si intrecciano.

Sinora è mancata una seria riflessione sulle ragioni della parabola che ha portato i partiti dalla Prima Repubblica alla dissoluzione della Seconda Repubblica, dal tramonto dell’unità politica dei cattolici alla crisi del progetto dell’Ulivo e poi al declino della stessa idea di sinistra.

È mancato un Congresso del PD, più volte evocato, e alla recente Conferenza di Bologna gli interventi più ascoltati sono stati quelli di Fabrizio Barca e di padre Francesco Occhetta, cioè di chi ha affrontato temi cari anche ai Popolari, di chi ha messo in evidenza i limiti della strategia del partito.

Sto leggendo un bel libro sulla storia dei cristiano sociali, dal 1995 al 2017, Da cristiani nella sinistra. È anche la storia della parabola del centrosinistra: dalla formazione dell’Ulivo alle elezioni europee del 2006, che ha portato la democrazia italiana sull’orlo di un precipizio. E ho dovuto riflettere sulla contraddizione che c’è per i cristiani impegnati in politica, in particolare per i cristiano-sociali, tra il credere nel pluralismo come valore, nel pluralismo delle opzioni politiche dei cattolici (e quindi nel dialogo, nel confronto tra forze politiche diverse), e l’avere affidato l’unità della sinistra, l’unità di tutti i riformisti, al maggioritario, al sistema bipolare. Cioè a un sistema che comporta la radicalizzazione delle posizioni, lo scontro politico. E che esaspera anche la divisione dei cattolici tra popolari e conservatori.

La politica, quando è orientata da un sistema elettorale che divide il Paese, che radicalizza la lotta per la conquista del potere, nella storia nazionale e anche nella storia del cattolicesimo politico, è sempre stata una politica che guarda a destra, che apre le porte all’autoritarismo. Anche oggi una legge elettorale che riduce lo spazio per il dialogo, non può che favorire il qualunquismo, la demagogia, la tentazione plebiscitaria, un rigurgito conservatore, la chiusura verso gli altri, una politica che si nutre di paura….

Sembra che Salvini e i sovranisti abbiano capito ciò che non hanno ancora capito alcuni esponenti della sinistra, fermi a una vocazione maggioritaria che ricorda la “gioiosa macchina da guerra”, la democrazia dell’alternanza come garanzia della stabilità del governo. Di quale governo? Non a caso Salvini, come tutti i sovranisti, pensa alla concentrazione del potere, oscilla tra Putin e Trump, chiede i pieni poteri, guarda alla democrazia illiberale.

Un amico che condivide la proposta di “proporzionale corretta”, mi ha chiesto: cosa ne pensi del sistema francese? Questo sistema, immaginato dal generale De Gaulle per rendere marginali, con il secondo turno le posizioni estreme, prevede il ballottaggio tra più candidati: con il ballottaggio se il terzo candidato vota per il secondo, chi era arrivato primo (nel primo turno) perde le elezioni. Con questa regola la Le Pen è stata sconfitta da Macron; e suo padre era stato sconfitto da Chirac, che ha avuto i voti dei socialisti. Senza il secondo turno, il partito di Le Pen, primo al primo turno, avrebbe conquistato l’Eliseo, tutto il potere, con meno del 30% dei voti…

Cosa potrebbe accadere in Italia? Salvini, leader dei sovranisti, ha detto “no al doppio turno, poiché tutti sarebbero contro di me”. In realtà, nell’ultima tornata di elezioni comunali, al ballottaggio per l’elezione dei sindaci Lega e M5S hanno votato insieme contro il PD, e il PD ha perso la guida di molti comuni… E non si può escludere che dopodomani, in occasione di elezioni politiche, i Democratici possano nuovamente essere sconfitti dalla convergenza di “tutti contro il PD”. Siamo alla “roulette russa”?

Nessuna legge elettorale è perfetta. Tutto dipende dagli elettori, dal loro voto.

P. S. Il maggioritario, a un turno o con il doppio turno, non ha evitato la frammentazione e ha favorito il trasformismo; ha favorito anche la personalizzazione della politica e infine la formazione di un Parlamento di “nominati”, e la tentazione di fare deragliare la politica verso la privatizzazione.

La “proporzionale corretta” garantisce la governabilità, la centralità del Parlamento e il rispetto delle minoranze. Infine, il sistema proporzionale può essere eventualmente coniugato con candidature uninominali; lo abbiamo sperimentato per il Senato, e anche per l’elezione dei Consigli provinciali.

Ma non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire.

(Fonte “Rinascita Popolare” dell’Associazione dei Popolari del Piemonte)