La situazione reale, e non virtuale, dei piccoli comuni sta per esplodere. Mi riferiscono, nello specifico, ai comuni montani al di sotto dei 1.000 abitanti che nel nostro paese rappresentano la stragrande maggioranza in quei territori. Sono molti i temi e i problemi che attraversano e caratterizzano queste piccole comunità che poi sono l’architrave del governo di queste zone. Territori che sono nient’altro che il perno centrale del turismo nel nostro paese e che, tra l’altro, senza gli introiti di questo comparto produttivo, sono destinati ad entrare in una crisi irreversibile e senza sblocchi.
Ora, è persin inutile elencare i punti salienti di questa ormai cronica difficoltà: dalla mancanza dei servizi essenziali alle risorse sempre più insignificanti per poter gestire e governare seriamente il territorio; dalla mancanza di attenzione del legislatore sul versante finanziario alla difficoltà su quello del personale nei comuni alla sordità del legislatore nel continuare ad equiparare questi territori a quelli della pianura o delle grandi città.
Ma, al di là delle sempre maggiori difficoltà, c’è un elemento che rischia di scoraggiare definitivamente gli amministratori locali, soprattutto di quelli che ricoprono incarichi in questi territori. E cioè, il tema della responsabilità civile e sopratutto penale dei sindaci e degli amministratori locali di fronte ad accadimenti che avvengono nei singoli territori e dove il ruolo, l’azione e la responsabilità dei medesimi amministratori è ignota e del tutto avulsa da ciò che realmente capita. Le cronache locali che riportano questi accadimenti, questi incidenti e queste disgrazie sono, purtroppo, quotidiane. Un tema che è stato recentemente sollevato dopo il caso della condanna della sindaca di Torino Appendino per la partita della Juventus trasmessa nella storica piazza San Carlo alcuni anni fa.
Ora, al di là della banale considerazione che, se non intervengono correttivi da parte del legislatore questi comuni saranno destinati ad essere amministrati da un personale – sempre che ci sia ancora qualcuno disposto a sacrificarsi – del tutto avulso dalle realtà locali, resta una domanda centrale a cui è difficile dare una risposta credibile e convincente. E cioè, ma di fronte a questi problemi che sono decisivi per la stessa sopravvivenza di migliaia di piccoli comuni italiani, dov’è l’Associazione che dovrebbe tutelarli e rappresentarli? Certo, c’è un grande fermento quando si tratta di compilare gli organigrammi, creare commissioni e stabilire i singoli emolumenti. Ma quando si tratta di avviare e pianificare una grande iniziativa politica che sia in grado di affrontare seriamente, e senza propaganda e trionfalismo, la “questione montagna” nelle sue varie sfaccettature, cala il silenzio se non addirittura il sipario.
Verrebbe veramente da dire, “se non ora quando”?