Le piazze sono ritornate protagoniste. Finalmente. Proprio quando, qua e là, veniva ricordato il cinquantennale dell’ormai mitico “1969” con le sue contraddizioni, le sue conquiste, la sua indubbia violenza accompagnata, però, anche da una massiccia partecipazione popolare, abbiamo preso atto che la piazza nella politica contemporanea non è del tutto evaporata. Anzi, prima la Lega di Salvini, poi le manifestazioni dei ragazzi al seguito di Greta e della battaglia per un “mondo pulito e sano” e infine con il cosiddetto movimento/partito delle “sardine”, c’è stato un indubbio risveglio della coscienza politica di alcuni settori della società italiana. 

Certo, non possiamo suonare le fanfare. La politica italiana continua, purtroppo, a districarsi tra la pochezza della sua classe dirigente, la sostanziale assenza di un pensiero politico e culturale organico capace di orientare e consolidare la presenza dei vari partiti e cartelli elettorali, la proliferazione di gruppi e partiti legati esclusivamente alle fortune dei suoi capi o guru di turno, tutto ciò conferma che la caduta di credibilita’, da un lato, e la crisi di autorevolezza della classe politica dall’altro continuano a farla da padrone. Me se è questo che passa il convento, con questa messe occorre pur fare i conti. 

Comunque sia, per tornare al ritorno imprevisto e inaspettato delle “piazze”, forse è anche arrivato il momento per avanzare una riflessione più specifica. E cioè, se i partiti – piaccia o non piaccia e’ così- continuano ad essere, giustamente, gli strumenti democratici per eccellenza capaci di orientare e canalizzare la volontà popolare, non ci si può non porre la questione centrale e decisiva. Ovvero, bene le piazze, benissimo la partecipazione popolare più o meno spontanea, ancor meglio alzare la voce attorno a temi che sono e restano decisivi per garantire un futuro sempre più vivibile al nostro pianeta. Ma queste proteste, questa rivendicazione di valori e principi, questo richiamo ad una trasformazione democratica della nostra società, prima o poi non possono non porsi il tema cruciale: e cioè, per rendere più efficaci ed incisive queste rivendicazioni servono i partiti. Ovvero, strumenti democratici, guidati da un pensiero e da una cultura e disciplinati da una organizzazione, che si fanno carico di tradurre nei vari livelli istituzionali quelle istanze e quelle domande in proposte e in progetti di governo. E questo non per ingabbiare o, peggio ancora, per mettere il cappello sopra queste libere manifestazioni. Ma, al contrario, per far sì che le piazze non siano solo una importante e divertente fiammata destinata a spegnersi nell’arco di poco tempo. Come, purtroppo, e’ capitato per altri movimenti e altre esperienze similari. 

Ecco, il tema dei partiti, della loro presenza, del loro ruolo e della loro preziosa funzione democratica e costituzionale forse può ricevere una spinta decisiva anche e soprattutto dal protagonismo delle piazze. E ne può trarre giovamento la stessa qualità della nostra democrazia e, soprattutto, la credibilità delle nostre istituzioni. Per questi motivi la piazza non va mai demonizzata ne’, tantomeno, sottovalutata.