Se la politica dovesse inseguire in modo forsennato l’idea di un continuo braccio di ferro tra le forze che governano, alla fine si risolverà in uno scioglimento del legame.

È normale, invece, che la tensione rimanga sempre alta tra chi governa e chi si oppone al governo. In quest’ultimo caso il beneficio sarebbe offerto tanto a chi ha le redini del comando, quanto a chi detiene il compito di sferzare politicamente dall’opposizione. Patologico è invece l’atteggiamento di chi, nella stessa diligenza, frusta i cavalli in modo non armonico.

Da un anno a questa parte, i due soggetti che hanno dato vita al Governo Conte hanno anche in larga parte condiviso, pur con sorrisi d’obbligo, diversi provvedimenti. Ma, da qualche mese a questa parte, dapprima a causa delle eminenti elezioni europee e, successivamente, in ragione del voto espresso in quella circostanza, i due comprimari sembrano darsele di santa ragione.

Così non va. È di questi giorni il tema più consistente. A parte la flat-tax, il salario minimo e cose di questa natura, l’oggetto rovente che si trovano tra le dita è la questione delle autonomie regionali. Qui il gioco si fa pesante perché allungare la catena di tensioni che mette tutti i soggetti in uno stato di fibrillazione politica. Se, fino a oggi, i temi affrontati si consumavano all’interno delle dialettiche del governo centrale, oggi, con il tema delle autonomie, i soggetti interessati alla partita si moltiplicano.

Zaia e Fontana si sentono assediati dai leghisti delle rispettive Regioni, perché, in forza dei referendum proposti e da tempo ormai archiviati, intendono portare a casa il risultato di quelle consultazioni. I due Presidenti di Regione scaricano a loro volta il peso sul vice Presidente Matteo Salvini e, quest’ultimo, per una semplice traslazione fisica, fionda il gravame sulle spalle di Luigi Di Maio. Quest’ultimo, sapendo che cosa rispondere, ma vivendo una tragedia, è obbligato ad allungare le catene e a chiamare in campo il Presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte.

Tutto questo crea un terreno di scontro difficilmente risolvibile. Conte, in effetti, non potrà in alcun modo cedere su questo fronte. In sostanza, così come lo concepiscono i Governatori del nord, non potrà partorire la legge che costoro hanno in animo. Non serve che vi spieghi dettagliatamente i motivi. Riassumo il problema dicendo che, alla fine, le Regioni del sud verrebbero comunque penalizzate.

Traccheggiando come non mai, i due capi politici governativi, si stanno muovendo a ritmi altalenanti: un giorno si randellano, il giorno dopo di riappacificano. Ma, ormai, si comprende che il feeling politico è andato a farsi benedire. In questo periodo estivo è possibile che tutto questo accada senza che giunga un terremoto definitivo. Però, consumata la stagione calda, a fine settembre, i nodi verranno al pettine e lì, le pause, le ricreazioni e le astuzie verranno bandite e, al bussare della finanziaria, dovranno arrivare al dunque.

Quindi, si presenta una equazione a grado piuttosto elevato e risolverla sarà un grosso problema e, se le cose andranno come è prevedibile sia, il Presidente della Repubblica si troverà sotto gli occhi una matassa tra le più complesse che gli siano capitate.

Cosa accadrà nel campo della Lega solo Dio lo sa, perché a noi viene costantemente fornita l’immagine di un Matteo Salvini assolutamente troneggiante, ma se questo può essere nei confronti del Governatore Lombardo, non stento a pensare che le relazioni con il Governatore Veneto siano di tutt’altra impostazione. Quindi, dovremmo attenderci anche, nel caso in cui le autonomie non trovassero soluzione romana, un terreno di scontro all’interno della Lega tra chi ha competenze nazionali e chi, invece, viaggia sulle carrozze regionali del nord.

Oggi, è domenica, e la festa induce a guardare con occhi sereni il mondo festoso, ma domani è lunedì e chissà che cosa ci riserverà sul fronte che ho qui, solo cercato limitatamente di analizzare.