Antonio Polito, con la consueta intelligenza e puntualità, ha scritto recentemente sul Corriere della Sera un articolo che ha evidenziato la vera crisi del centro sinistra nel nostro paese. Almeno per chi continua a credere in quella prospettiva. Dice Polito, giustamente, che in Italia non esiste più il centro sinistra. Ma semplicemente esiste solo una sinistra. O meglio, aggiungiamo noi, un partito che coltiva l’obiettivo di essere la voce della sinistra anche se registriamo, misteriosamente, che i suoi principali “testimonial” mediatici sono ancora e sempre l’espressione della cultura elitaria, aristocratica e alto borghese che da tempo fa di questa realtà una semplice “sinistra al caviale” o “dei centri storici Ztl”, come viene comunemente definita nel linguaggio contemporaneo.

Ma, al di là di questo dettaglio, quello che vale la pena ricordare è ciò che richiama Polito. E cioè, dov’è oggi la coalizione di centro sinistra? Dove sono le forze politiche, come le definisce con efficacia l’editorialista del Corriere, che esprimono “l’ambientalismo, il liberalismo e il solidarismo cattolico”? In effetti, dopo la stagione della vocazione maggioritaria e della autosufficienza politica ed elettorale del Partito democratico, assistiamo oggi ad una coalizione dove il Pd dovrebbe distribuire le carte di chi copre il fianco destro, chi il fianco sinistro e chi il fianco centrista/cattolico della alleanza di centro sinistra. E’ evidente a tutti, credo, e Polito lo ha richiamato con forza, che un progetto del genere non può che relegare la coalizione di centro sinistra a giocare un ruolo del tutto marginale e periferico nella competizione con il centro destra e la destra. Fuorché si pensi che basti dar vita ad un disordinato ed eterogeneo “civismo” – peraltro utile a livello locale ma scarsamente percorribile a livello nazionale – per reggere il confronto.

Ora, se è vero com’è vero, che senza una organizzazione politica di quelle aree culturali è’ perfettamente inutile continuare a blaterare di coalizione di centro sinistra, credo sia importante – almeno per noi, per la nostra cultura e per ciò che rappresentiamo nella vasta e variegata periferia italiana – iniziare un percorso di riorganizzazione politica ed organizzativa. Lo diciamo da molto tempo e siamo anche perfettamente consapevoli che la tentazione identitaria non è più praticabile.

O meglio, è’ una strada quasi scientificamente perdente come le ultime e ripetute consultazioni elettorali hanno ampiamente confermato. Ma la costruzione di una forza di “centro” plurale, cattolico e laica, di governo e riformista, costituzionale e democratica ed esterna ed estranea alla logica e alla cultura della radicalizzazione e dell’annientamento degli avversari politici perseguita tanto dalla destra quanto della sinistra, diventa quasi un imperativo etico oltrechè un dovere politico.

Perchè Polito ha semplicemente ragione. Se nel resto dell’Europa le forze riconducibili all’ambientalismo, al liberalismo e al solidarismo cattolico ci sono e sono organizzate politicamente, non si capisce il perché in Italia tutto ciò non debba esistere. O non debba più esistere.

La vocazione maggioritaria è consegnata alla storia come è singolare e grottesco pensare di pianificare dall’alto la composizione di un’alleanza. Occorre attrezzarsi. Altrimenti, come fa capire lo stesso Polito pur senza dirlo, si corre il rischio concreto di essere complici di questa ormai insopportabile anomalia tutta italiana.