Mai prima d’ora un esponente autorevole dell’Amministrazione americana aveva sferrato un attacco così duro alla Santa Sede. Lo ha fatto Mike Pompeo, ex capo della Cia, attuale Segretario di Stato: a suo giudizio Papa Francesco non deve firmare il rinnovo dell’accordo che fu definito due anni fa con la Cina a riguardo della libertà di culto dei cattolici. Non è sufficiente che il Vaticano abbia tenuto una posizione assai prudente, sicché l’accordo in pratica viene prorogato mantenendo la formula “ad experimentum”; per questo il messaggio lanciato da Washington chiarisce che neppure tale soluzione può armonizzarsi, in qualche modo, con la strategia anti-cinese portata avanti da Trump.

Il diktat di Pompeo, anche più aggressivo nei colloqui riservati con il Vaticano, trova compiuta espressione in un articolo appena pubblicato su “First Things”, una delle voci più forti della destra americana. Scrive Pompeo: “A distanza di due anni, è chiaro che l’accordo Cina-Vaticano non ha difeso i cattolici dalle depredazioni del partito, per non parlare dell’orrendo trattamento dei cristiani, dei buddisti tibetani, dei fedeli del Falung Gong, e di altri credi religiosi”. E aggiunge: “Le autorità comuniste continuano a sbarrare le chiese, spiare e molestare i fedeli, e insistono che il Partito è l’ultima autorità negli affari religiosi”. Da ciò, pertanto, deriva l’invito a chiudere le relazioni con la Cina. “La Santa sede ha una capacità unica e il dovere di concentrare l’attenzione del mondo sulle violazioni dei diritti umani, specialmente quelle perpetrate da regimi totalitari come quello di Pechino”. In sintesi: “Quello stesso potere di autorità morale dovrebbe essere usato oggi nei confronti del Partito comunista cinese”.

L’attacco non si ferma qui. Ed ecco le conclusioni: “Se il Partito comunista cinese riuscirà a mettere sull’attenti la Chiesa cattolica e altre comunità religiose, i regimi che disdegnano i diritti umani saranno rafforzati, e il costo della resistenza alle tirannie si alzerà per tutti i coraggiosi fedeli che onorano Dio al di sopra dell’autocrate di turno”. Il tono del discorso, alla stretta, fa apparire Pompeo addirittura nella veste di predicatore: “Prego che, mentre si rapporta con il Pcc, la Santa sede e chiunque creda nella luce divina che illumina ogni vita umana possa ascoltare le parole di Gesù nel Vangelo di Giovanni, “La verità vi renderà liberi”. Naturalmente, a conti fatti, la verità coincide o deve coincidere con il verbo americano.

Non è un invito, quello di Pompeo, ma un atto che scivola in direzione della minaccia. C’è chi sospetta che da paladino del trumpismo istituzionale, espressione del cosiddetto Deep State, egli abbia inteso richiamare i cattolici alla responsabilità di scelte elettorali – manca poco al 3 novembre – che la destra cattolica americana individua nella conferma dell’attuale Presidente. La morale è che una volta si protestava per l’ingerenza della Chiesa nella sfera della politica, oggi viceversa si dirige contro la Chiesa, agitando gli strumenti del potere, una polemica che suona come ingerenza dello Stato. In questo modo l’America, o per meglio dire l’America di Trump, rende più complicato il confronto con la Santa Sede.   

First Things – Articolo di Mike Pompeo