POPOLARI ED EUROPEI: UNA PROPOSTA DI PERCORSO PER I PROSSIMI DICIOTTO MESI, CON LE ELEZIONI SULLO SFONDO.

 

“Si tratta di avviare un percorso – scrive l’autore –  […] che guarda al futuro, affidandone la regìa a persone che non vogliano fare i leader ma i federatori tra le varie realtà di base […] Maggio 2024 sarà il momento della prima verifica:  […] Si tratta infatti di vivere le Elezioni Europee non come un “accidente” o una banale e routinaria scadenza istituzionale, ma come l’occasione storica che obbliga a superare i confini, non più solo le persone e le merci, ma finalmente anche la Politica e le Istituzioni.”

 

Umberto Laurenti

 

Ormai da dieci anni si susseguono documenti, dibattiti, convegni, sulla iniziativa organizzativa dei cattolici in politica, sul popolarismo ed il cattolicesimo democratico come via d’uscita dall’impasse attuale, sulla piattaforma per una seconda ricostruzione, sul soggetto politico nuovo d’ispirazione cristiana e popolare, sulla nuova assunzione di responsabilità delle associazioni di ispirazione cristiana: li abbiamo apprezzati tutti, almeno nelle grandi linee, ma non è successo nulla. Il cambio di scenario governativo italiano ha poi stimolato una rinnovata produzione di appelli e riflessioni, su Il Domani d’Italia e su altri media, interventi significativi di Merlo e Bonalberti, l’annuncio di un interessante convegno promosso da Fioroni quale vice presidente dell’Istituto Toniolo per venerdi 16 dicembre, ed infine l’attesa iniziativa di Castagnetti, presidente dell’Associazione “I Popolari”, con un Convegno nell’intera giornata di lunedì 19 dicembre, presso l’Istituto Sturzo, intitolato: “I Cattolici Democratici nella politica di oggi: ancora utili all’Italia?”.

 

Insomma, materiale vecchio e nuovo, sicuramente valido e sufficiente per una rinnovata presa di coscienza della necessità di una proposta politica organizzata intorno ai valori ed ai programmi, patrimonio dei cattolici democratici italiani. Ma quando, come e con chi? A queste domande non avevo trovato finora risposte convincenti, che in parte dovrebbero emergere dal Convegno del 19, ed alle quali, sempre in parte, dà una prima risposta l’articolo di Roberto Di Giovan Paolo su questo giornale, che condivido largamente. In particolare, ritengo si debba creare rapidamente un “movimento” che anche attraverso la ripresa de Il Popolo, possa rappresentare le istanze tradizionali dei Popolari, dei Cattolici Democratici, della Dc, e soprattutto della sua sinistra.

 

Tuttavia, se non vogliamo vederci solo tra nostalgici, ma abbiamo l’ambizione di rivolgerci anche ai nuovi elettori, giovani o astensionisti, con l’obiettivo di offrire una proposta rispettosa dei valori che noi abbiamo avuto la fortuna di veder tradotti in politica, dobbiamo anche saper comprendere tutto ciò che coesiste nell’elettorato, insieme a noi, e riuscire a dialogarci con tutti gli strumenti della comunicazione moderna, a partire dai social, e sussidiato da un “luogo” di elaborazione e formazione. Niente altro dall’alto, per evitare centralismi e personalismi, tutto il resto deve partire dalla base, dai territori, dagli amministratori locali, dai mondi dell’associazionismo, del volontariato, della rappresentanza degli interessi. Senza la fretta di individuare gerarchie e cupole. Sono anche d’accordo con l’idea della doppia tessera, purché con l’adesione esplicita ad un trittico di “Documenti Identitari del Movimento“, ma il diritto alla doppia tessera non può certo riguardare solo gli iscritti al Pd!

 

Se non vogliamo creare un movimento “residuale” dobbiamo guardare oltre tutto il vicino e l’esistente, ed oltre i confini nazionali. Non ha molto senso immaginare una forza politica che ragioni, proponga, esprima dirigenza, eserciti potere, solo nel proprio ristretto cortile, poiché quale cortile per sovranisti identifichiamo fatalmente l’Italia, se restiamo prigionieri di una visione così vecchia. Come se l’esperienza del Covid, la preponderanza del dominio economico delle multinazionali, i commerci globalizzati delle materie prime e strategiche, i flussi ingovernabili delle migrazioni, l’emergenza climatica ed ambientale che, al pari delle temute e non improbabili emissioni nucleari come risultato disperato del confronto militare in atto in Ucraina, non fossero sufficienti a dimostrare che i confini nazionali non bastano più, rendendo sempre più urgenti e indispensabili le unioni tra Paesi confinanti, le integrazioni economiche  di filiera e di mercato, le alleanze strategiche e militari, la cooperazione Nord-Sud, le collaborazioni multilaterali, le reti di solidarietà, il dialogo interreligioso.  Si tratta di avviare un percorso non per l’oggi immediato, che non vuole riproporre il passato, ma che guarda al futuro, affidandone la regìa a persone che non vogliano fare i leader ma i federatori tra le varie realtà di base che cresceranno, ed agli animatori di tali realtà.

 

Tra diciotto mesi ci sarà il primo tagliando, con le Elezioni Europee, quelle che ancora consentono la rappresentanza proporzionale e l’espressione delle preferenze. Elezioni che ci obbligheranno ulteriormente a valutare l’urgenza per ogni movimento o forza politica di emergere da una prospettiva asfittica e nazionalistica sul piano culturale, prima ancora che politico ed economico. Maggio 2024 sarà il momento della prima verifica: se il “Movimento dei Popolari” si sarà manifestato e radicato presenterà la sua lista per le Elezioni Europee. Se non sarà pronto per la sfida elettorale, il “movimento” presenterà i suoi candidati Popolari nelle varie liste in maniera trasversale, per concorrere con le idee e le proposte, ma anche con i voti generati dal contatto reale con gli elettori.

 

Ho accennato prima ai “Documenti Identitari del Movimento” che a mio avviso sono almeno tre: – il primo, ideologico e programmatico, sulla visione dell’impegno politico atto ad affrontare le sfide dei prossimi 10 anni e con l’impegno sui punti programmatici prioritari; – il secondo sulle Riforme indispensabili per riportare i cittadini ad essere protagonisti della Democrazia, con la strada maestra che è una Assemblea Costituente a tempo, distinta dal Parlamento in carica ed eletta a suffragio universale, sistema che dovrà contraddistinguere anche la legge elettorale per il rinnovo del Parlamento nazionale; – Il terzo contenente una esplicita scelta per l’autentica Unione politica ed istituzionale dell’Europa, riprendendo le linee indicate fin dall’origine dai padri fondatori democratico-cristiani e coraggiosamente riproposte da David Sassoli nell’ultimo periodo del suo mandato da Presidente del Parlamento Europeo, per il rafforzamento istituzionale dell’Europa in senso federale.

 

Si tratta infatti di vivere le Elezioni Europee non come un “accidente” o una banale e routinaria scadenza istituzionale, ma come l’occasione storica che obbliga a superare i confini, non più solo le persone e le merci, ma finalmente anche la Politica e le Istituzioni. Con un approccio glocal che non ci fa perdere nulla di ciò che ci caratterizza positivamente, non annulla ma anzi esalta tutte le componenti del Soft Power Italico, identificando i 6 milioni di italiani residenti all’estero, non come cervelli in fuga ma in movimento, e gli 80 milioni di italo-discendenti non solo come oriundi, utilizzandoli come primi testimonial della nostra cultura, del nostro modo di vivere, insieme pure ai 250 milioni di Italici cioè coloro che nel mondo, pur non avendo una goccia di sangue italiano, si sentono culturalmente a noi legati grazie all’apprezzamento per  una specifica componente del nostro Soft Power. Facciamoli quindi esistere questi milioni di Italici, anche come cittadini partecipi delle scelte politiche, soprattutto quando sono sovranazionali, iniziando con l’inserimento di loro candidature, in Italia e negli altri Paesi Europei. Ce ne avvantaggeremo non solo in termini di consensi, ma anche di condivisione di tematiche e scelte programmatiche al di là delle Alpi, recuperando un po’ di quel vuoto culturale e valoriale innegabilmente facilitato dall’appannamento o estinzione dei movimenti politici internazionali, e per quanto ci riguarda, dalla evanescenza dell’Unione Internazionale democratico-cristiana e dallo snaturamento progressivo del Partito Popolare Europeo.

 

Qualcuno potrà dire che tutto ciò è un obiettivo difficile, se non impossibile. Ma i nostri padri democratico-cristiani, coloro che fecero la Repubblica, la Costituente e la ricostruzione, la prima riforma agraria, il voto universale, l’allaccio di rapporti paritari e non neocolonialistici con i Paesi del Terzo Mondo, l’Istruzione e la Sanità pubblica gratuita per tutti, si trovavano forse in una situazione più facile? Non credo. E comunque non credo possa interessare a noi che abbiamo delle chiare e solide radici cattolico-democratiche ed europeiste, rifugiarci nella nostalgia di una Dc del passato, neppure intravista nei suoi pregi e difetti, da chi oggi ha meno di quarant’anni, quindi la metà della popolazione. A noi non può interessare lo svilirci, per essere una piccola corrente di capetti residuali, all’interno di un “contenitore” che neppure consente più, non dico l’attuazione, ma nemmeno la visibilità dei nostri valori.