POPOLARI, OLTRE IL PD.

 

La filiera Pci/Pds/Ds/Pd – sostiene l’autore – dev’essere rinnovata, riaggiornata e rilanciata nella cittadella politica italiana […] Dopodiché, come ovvio e scontato, continuano ad esistere anche i Popolari nel Pd […] Comunque sia, si tratta di un’area che necessita oggi di una convinta e feconda, nonchè laica, ricomposizione politica” per rilanciare e far rivivere un patrimonio culturale che conserva una bruciante attualità e una straordinaria freschezza

 

Giorgio Merlo

 

L’area popolare e cattolico sociale non è più riconducibile esclusivamente all’esperienza del Partito democratico. Sono cambiate, e profondamente, le condizioni politiche, culturali e anche storiche che avevano generato quelle scelte nel passato recente e meno recente. Del resto, quando decollò l’avventura del Pd, l’area popolare e cattolico sociale, grazie all’apporto decisivo di Franco Marini e di molti altri autorevoli esponenti di quel mondo, fu decisiva per costruire la stessa identità e “mission” politica concreta di quel partito. Ma la fase politica, appunto, è mutata e, per bocca di molti ex fondatori del Partito democratico, il profilo e la natura di quel partito non è più quello delle origini.

 

Quando Veltroni disegnò al Lingotto nel 2007 il percorso e le tappe che dovevano caratterizzare questa novità politica. Oggi, al contrario, e di conseguenza, è in discussione lo stesso “Manifesto” dei valori scritto per dar vita alla prima stagione del Pd. Cioè, quindi, si tratta di un altro partito. E per entrare nello specifico, si tratta di un partito che persegue un grande e solo obiettivo: ovvero, come dicono all’unanimità tutti i suoi dirigenti e gli innumerevoli capi corrente, ridisegnare e rilanciare la sinistra nel nostro paese. Che poi si tratti di una sorta di “partito radicale di massa”, come giustamente dice Luca Ricolfi, se dovesse vincere la Schlein, o un partito di sinistra liberal, se si affermasse il suo principale competitore, poco importa. In quel partito, infatti, l’area popolare o cattolico sociale è del tutto superflua e indifferente nell’uno come nell’altro caso. Per dirla con altre parole, si tratta di una cultura politica che non è più fondante e tanto meno decisiva per la costruzione del progetto politico di sinistra del Pd.

 

La filiera Pci/Pds/Ds/Pd dev’essere rinnovata, riaggiornata e rilanciata nella cittadella politica italiana. Ma è un fatto, cioè, che riguarda principalmente ed esclusivamente la storia e la cultura della sinistra italiana, come del resto dicono tutti – veramente tutti – i commentatori e gli opinionisti politici. Dopodiché, come ovvio e scontato, continuano ad esistere anche i Popolari nel Pd. Soprattutto quelli che si sono ritagliati per sè e per i propri cari un seggio in Parlamento e per l’ennesima volta. Ma si tratta, appunto, di spazi di potere che non hanno più nulla a che vedere con il ruolo politico decisivo e qualificante dei Popolari quando nacque quel partito. E anche lo sforzo, del tutto comprensibile, di continuare ad organizzare una micro corrente all’interno del Pd non può più replicare le modalità del passato perchè, semplicemente, non ci sono più quelle condizioni. Oltrechè gran parte di quella classe dirigente.

 

Ora, è altrettanto ovvio che il mondo popolare e l’area cattolico sociale si riorganizzano. A prescindere da chi pensa ancora di rappresentarli in modo esclusivo a livello nazionale e anche a livello locale. Esiste, cioè, un mondo che a gran voce chiede di essere nuovamente rappresentato a livello politico ed istituzionale. Mondi vitali, gruppi sociali, associazioni civiche che oggi, appunto, non hanno più – e non ancora – una rappresentanza politica. Ovvero, un partito di riferimento e, di conseguenza, una credibile rappresentanza nelle istituzioni a livello nazionale e a livello locale. Un mondo in grande fermento in questi ultimi tempi perchè, soprattutto dopo il risultato del 25 settembre scorso, sente di poter ritornare a giocare un ruolo politico importante. A prescindere, per il momento, dallo strumento politico che concretamente lo rappresenterà. Certamente non nel campo della sinistra che, giustamente e comprensibilmente, deve rifondare la sinistra italiana per vincere la competizione con i populisti dei 5 stelle e rendere più chiara e netta l’identità e la mission di quel campo. Può giocare certamente un ruolo importante nella cosiddetta “area centrista” se i partiti di Renzi e di Calenda non si ridurranno ad essere, come oggi, a due partiti sostanzialmente personali che escludono, di fatto, la presenza e l’apporto di altre culture politiche e altri filoni ideali. Nel campo del centro destra occorre attendere l’evoluzione concreta di quello spazio politico, depurato dagli eccessi e dalle derive sovraniste e massimaliste.

 

Comunque sia, si tratta di un’area che necessita oggi di una convinta e feconda, nonchè laica, “ricomposizione politica” per rilanciare e far rivivere un patrimonio culturale che conserva una bruciante attualità e una straordinaria freschezza. E questo al di là – seppur del tutto legittimamente – di chi ancora di conservare piccole correnti all’interno di contenitori elettorali ormai indifferenti alle ragioni e alle istanze che provengono dal mondo variegato, complesso ed articolato dell’area popolare e cattolico sociale. E questo lo dobbiamo a tutti coloro – e sono sempre più numerosi – che sono presenti nella ricca e feconda periferia del nostro paese, dalle amministrazioni comunali al volontariato, dai gruppi culturali all’associazionismo cattolico giovanile e non che ancora credono e sono disposti ad impegnarsi in prima persona per riaffermare, con passione e grande entusiasmo, i valori e i principi della straordinaria ed intensa storia del cattolicesimo politico e sociale del nostro paese.