Innanzitutto una premessa. Qualsiasi iniziativa, politica ed organizzativa, che punta a rilanciare il popolarismo di ispirazione cristiana va sempre salutata positivamente. Con entusiasmo e anche con gioia. E lo dico senza piaggeria e senza alcun sarcasmo. Però, nel momento in cui continuano a fiorire movimenti, partiti e partitini che si richiamano a quel glorioso, nobile e fecondo patrimonio culturale, politico, programmatico e forse anche etico, vanno almeno richiamati alcuni paletti.
Tutti noi sappiamo, almeno per chi non ha la memoria corta, che questi movimenti che hanno la giusta ambizione di trasformarsi in partito, negli ultimi lustri ne sono nati a grappoli. Il numero non è neanche più censibile. È appena sufficiente scorrere le più svariate liste alle recenti elezioni regionali per contarne almeno una decina. E già parliamo di liste e non solo di assemblee costituenti, gruppi di lavoro, documenti e appelli vari. Liste territoriali con l’ambizione, legittima, di diventare in poco tempo ”laboratori” nazionali per nuovi esperimenti e soggettualità politiche. Le percentuali elettorali di queste liste? Beh, sorvoliamo per non essere, per l’ennesima volta, impietosi e saccenti…
In secondo luogo la continua proliferazione di partiti, movimenti e nuovi soggetti politici. Tutti, giustamente, invocano discontinuità politica ed organizzativa rispetto al passato e tutti, altrettanto puntualmente, si pongono alla guida di questi potenziali partiti. Ora, oltre alla varie liste territoriali, comunali e regionali, sono in via di formazione in queste ultime settimane altri soggetti politici “nazionali” che si sommano alle esperienze locali che recentemente si sono misurate con gli elettori. Che dire? Benissimo. In termini sportivi e agonistici si potrebbe dire “vinca il migliore”. Ma, al di là dell’augurio, è persin ovvio arrivare alla conclusione che con la molteplicità di esperienze e di espedienti politici ed organizzativi l’epilogo non potrà che essere sempre lo stesso. E cioè, dopo l’ennesima fiammata il fuoco è destinato a spegnersi in fretta. Appena si apre, questa volta senza esercizi virtuali e assemblee costituenti, la sfida vera della politica, della sua organizzazione territoriale e della valenza nazionale del progetto.
In ultimo, un tema che continua ad essere sempre al centro, come ovvio e scontato, della contesa. Ovvero, il capitolo delle “facce nuove” e del “gruppo dirigente”, ossia di chi coordina questi svariati e molteplici tentativi politici. E qui il più delle volte si entra in contraddizione con gli altrettanto e molteplici annunci. Tutti invocano, puntualmente, discontinuità, rinnovamento, cambiamento e superamento del classe dirigente del passato e poi, quasi sempre, tutto ciò coincide e si risolve proponendo come gruppo dirigente i promotori di quella singola iniziativa. Il che è del tutto comprensibile e anche giusto, nonchè legittimo perchè, di norma, chi si fa promotore di una iniziativa non intende cedere ad altri la leadership dell’iniziativa stessa. Ma è proprio su questo versante, oltre alla ripetizione ormai scientifica e puntuale di queste iniziative, che ci si espone a qualche considerazione critica accompagnato anziché da qualche dubbio sulla bontà e sulla discontinuità del progetto stesso. Che, lo ripeto, di norma, segue sempre i medesimi percorsi. Almeno sino ad oggi…
Ecco perchè forse è giunto anche il momento, pur sempre nel massimo rispetto delle decine e decine e decine di questi esperimenti politici ed organizzativi che si sono susseguiti nel corso degli anni e che procedono spediti anche nell’attuale stagione politica, di porsi almeno una domanda. Ovvero, c’è ancora la possibilità di dar vita ad un solo progetto, ad un solo esperimento politico, ad una sola organizzazione oppure dobbiamo continuare ad assistere a questa “coriandolizzaizone” politica di movimenti e partiti che tutti, ma proprio tutti, sappiamo come nascono e, puntualmente, come finiscono?
E questo non solo per vanificare gli sforzi e le volontà encomiabili dei vari protagonisti ma, soprattutto, per evitare che questo nobile e glorioso patrimonio si riduca ad essere stiracchiato da una parte e dall’altra con il risultato di diventare più oggetto di piccole schermaglie e di singoli protagonismi personali che non soggetto capace di aprire una nuova e feconda stagione politica, culturale e programmatica.