Pubblichiamo questa nota del nostro amico Davicino con l’intento di aprire un dibattito sulla proposta di Mario Monti (Buoni di Salute Pubblica) e sulle prospettive, più in generale, dell’economia europea dopo l’emergenza coronavirus.

L’intervento di Mario Monti sul Corriere della Sera di oggi è di quelli in grado di smuovere le acque di un dibattito che in queste settimane non può che risultare fagocitato dall’emergenza sanitaria. Ci aiuta a vedere la nostra emergenza in relazione a come la vedono gli altri: i nostri partner europei, soprattutto quelli/o che hanno/ha maggiore voce in capitolo, e  “i mercati”, il “sistema” finanziario internazionale, con i quali volenti o nolenti si deve fare i conti. Inoltre, ci ricorda che, inesorabilmente, verrà un dopo a questa emergenza sanitaria, una fase in cui la dura legge dei numeri finirà per avere il sopravvento su quel clima di empatia al quale il coronavirus ha aperto uno spiraglio per potersi propagare in Europa. Uno spiraglio che realisticamente presto verrà richiuso dal riemergere di divergenti interessi particolari, fra gli stati, fra il Nord e il Sud dell’Europa. Dunque, l’occasione propizia, benché causata da una grave pandemia, per riprendere il un cammino di integrazione europea capace di superare gli squilibri economici, sui quali si era arenato,  non va sciupata.

In questo intento sembra senz’altro collocarsi la proposta avanzata da Monti di un prestito irredimibile per la salute. Prestito non rimborsabile, di importo assai consistente (presumibilmente nell’ordine delle centinaia di miliardi), in qualche modo atto a scongiurare il ricorso ad una patrimoniale di uguale entità.

Le osservazioni che si possono fare sul merito della proposta mi paiono essenzialmente le seguenti.

L’aver individuato nella sanità un patrimonio comune indispensabile per la ripresa oltre l’emergenza, su cui investire, costituisce un riconoscimento che il sistema sanitario pubblico, e più in generale tutto il welfare, costituisce una infrastruttura talmente indispensabile per lo sviluppo, che occorre invertire la tendenza al suo smantellamento, si potrebbe osservare, anche per mere ragioni di bilancio. 

La proposta di Monti, con ottima scelta dei tempi, però va oltre. Indica anche un abbozzo di modello finanziario con cui sostenere gli investimenti di cui necessita il nostro sistema sanitario. Lo strumento del prestito irredimibile offre il vantaggio di non aumentare il debito per il futuro. Nel contempo offrirebbe un investimento e clausole allettanti (guardando ai normali tassi tendenti ormai al negativo) per i clienti del private banking, per le banche, ma anche per gli investitori internazionali verso i quali semmai andrebbero posti in atto dei meccanismi di dissuasione. Essendo una bozza, quella di Monti, un sasso gettato in una direzione giusta e utile, poi, a mio avviso, toccherebbe alla politica calibrarla nel modo più rispondente alle necessità attuali, introdurre quei dettagli, anche se molto tecnici, che, come sempre fanno la differenza. Il maggiore di questi dettagli – come incentivo ad aderire a un prestito irredimibile per la gran parte dei risparmiatori che non possono contare su un patrimonio cosi vasto da potersi permettere di vedere una parte dei loro investimenti non rimborsata – consiste nell’introdurre modalità che consentano a tali titoli di poter essere  trattati non solo nel mercato secondario, come ipotizza Monti, bensì anche nelle transazioni fra contribuente e fisco, fra famiglie e negozi, fra imprese. Così gli effetti antideflattivi di tale misura non potrebbero che rivelarsi assai interessanti.  

L’altro ordine di considerazioni che suggerisce la proposta dell’ex premier attiene alla sua efficacia in relazione al quadro generale, soprattutto europeo. La situazione, fortunatamente, appare in evoluzione anche se in direzioni ancora non chiare e contrastanti. Dalla Germania giungono segnali che in qualche misura autorizzano a pensare che non è lontano il momento in cui il governo di Berlino dovrà attingere all’ingentissimo (e vietato ai sensi dei Trattati europei) suo attivo di bilancio per fronteggiare la crisi. D’altra parte i linguaggi che si usano alle latitudini del Mare del Nord appaiono ancora ben diversi di quelli delle latitudini mediterranee. Così mentre da una sponda si parla manco di sospensione del patto di stabilità, ma appena di applicazione di clausole per le grandi crisi, in esso contenute, dall’altra se ne avverte la necessità vitale di archiviazione. Per non dire del bastone scagliato nell’ingranaggio del contrasto all’emergenza dalla presidente della Bce Christine Lagarde, proprio quando l’Italia si attende, come ha rivendicato con fermezza il presidente Mattarella, solidarietà. Si è passati dal “what ever it takes” di Mario Draghi, al “not here to close” dell’improvvida dichiarazione dell’ex direttrice del Fmi.

In questo marasma di segnali non è facile orientarsi, ma con sufficiente ragionevolezza si possono intravedere alcune linee di tendenza che alla politica conviene considerare. La prima di queste tendenze, anche se ovviamente non dichiarata, è l’istinto di sopravvivenza del sistema basato sulla finanziarizzazione estrema dell’economia, a salvare se stesso. E dunque le sollecitazioni che giungono da tale ambito vanno sempre mediate e composte con il bene comune. L’altra tendenza, che pare suffragata anche dalle più recenti dichiarazioni delle istituzioni europee e dei responsabili dei più influenti stati membri, è quella di considerare la crisi da coronavirus come una parentesi, oltre la quale torneranno a valere le regole e il sistema precedente, come se non esistessero le sterminate ed incontrovertibili analisi e previsioni che davano comunque, a prescindere dal virus, per il 2020 una profonda crisi globale economica, finanziaria e commerciale, una crisi di sistema. Mai come in questa difficile ora l’esercizio della responsabilità politica appare gravoso e complesso, perché  è chiamato a discernere se quella che stiamo attraversando sia una emergenza, ricomponibile a livello globale e nell’Ue, nel quadro delle regole economiche ante-coronavirus, oppure ne richieda con urgenza di nuove. Ecco, dallo scioglimento di questo nodo cruciale, che comunque si decida finirà per avere conseguenze enormi per il nostro futuro, credo passi anche molta della efficacia che potrà avere la proposta del senatore Monti, se volta a rivitalizzare il nevralgico ambito sanitario, in un contesto di generale logoramento e decadimento economico, sociale e culturale oppure, cosa ben diversa, avere una sanità più forte in un quadro complessivo di rinascita su nuove basi da costruire insieme. Tocca alla politica decidere, perché comunque vadano le cose saremo solo noi tutti, italiani ed europei, ad essere artefici del nostro destino, del nostro benessere come delle nostre nuove disgrazie.