Quando è in atto una situazione di crisi tra e nelle forze politiche, che accompagna e amplifica quella stessa della rappresentanza, servono soluzioni che permettano di garantire una tregua, anche per favorire la ricomposizione e il graduale ritorno a un nuovo equilibrio da realizzare con il voto previsto alla scadenza naturale della legislatura.

La situazione è alquanto agitata e confusa, tra il centro destra in progressiva fibrillazione, dopo che il tentativo del Cavaliere sembra ormai considerato da Salvini superabile/to e la sinistra  che rimane ferma in un surplace impotente. Ho salutato con grande soddisfazione l’indicazione di alcuni ex parlamentari grillini a favore della candidatura del prof. Paolo Maddalena, costituzionalista a tutto tondo e uno dei più strenui difensori della Carta fondamentale della Repubblica. Sembra, però, che stiano prevalendo gli interessi e le motivazioni “particulari” di singoli, movimenti  e gruppi parlamentari non più sostenuti da quei legami forti che erano alla base dei partiti della prima repubblica, e forte è il rischio, dunque, di una saga dei franchi tiratori preoccupati solo del loro stipendio e dell’agognato vitalizio. 

La fragile situazione economico sociale di un Paese sfibrato da una crisi pandemica ben lungi dal potersi considerare finita, suggerirebbe di tener in debita considerazione il motto: quieta non movere et mota quietare, non agitare ciò che è calmo, ma calma piuttosto ciò che è agitato. Recitava così il broccardo latino espressione di un’antica sperimentata saggezza. La saggezza che dovrebbe assistere gli elettori del prossimo Presidente della Repubblica.

Il binomio Mattarella presidente della Repubblica, Draghi capo del governo, ha assicurato sin qui all’Italia stabilità politica e un’affidabilità internazionale senza pari, l’unica che può garantire la prosecuzione della legislatura sino al suo termine naturale. È noto il reiterato NO del presidente Mattarella a una sua rielezione; un NO motivato dal ricordo di Segni e della sua proposta di “non rieleggibilità del Presidente della Repubblica”. Come ha sostenuto, tuttavia, con grande rispetto Paolo Cirino Pomicino al TG2, a riguardo della candidatura del Cavaliere, ma come regola generale: “Al Quirinale non ci si candida, ma si viene scelti”. E, allora, perché non attenersi alla saggezza del broccardo latino?

Anche le reiterate e motivate indisponibilità espresse da Mattarella, se avvenisse un voto a larghissima maggioranza del Parlamento integrato dai rappresentanti regionali, sono convinto che possano essere superate. Sarebbe la soluzione più semplice e adeguata alla complessità della situazione politica, economica, sociale e istituzionale dell’Italia. La stessa rielezione del Presidente Napolitano costituisce un precedente da considerare. Quando è in atto una situazione di crisi tra e nelle forze politiche, che accompagna e amplifica quella stessa della rappresentanza, servono soluzioni che permettano di garantire una tregua, anche per favorire la ricomposizione e il graduale ritorno a un nuovo equilibrio da realizzare con il voto previsto alla scadenza naturale della legislatura. Ogni altra soluzione, al di là dei tatticismi e promesse vane collegate/bili al voto dei 1009 che inizia il prossimo lunedì, è certo che provocherebbe l’immediata crisi di governo e le elezioni anticipate con una legge maggioritaria foriera della conservazione di un bipolarismo forzato, incapace di garantire la governabilità di cui l’Italia ha assoluta necessità in questa fase delicatissima della sua storia politico istituzionale. Il bis di Mattarella e la continuazione del governo delle larghe intese, con i possibili aggiustamenti, è ciò che serve. E’ la soluzione più semplice che richiede  un suggeritore autorevole come il capo del governo. Rompere questo equilibrio porterebbe soltanto alla confusione e al triste spettacolo dei nominati parlamentari, molti dei quali transumanti seriali. Auguriamoci che prevalga il buon senso e che Mario Draghi sappia lanciare il suo autorevole appello.