Sono online i nuovi Rapporti annuali sulle comunità migranti in Italia, curati dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – Direzione Generale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione con la collaborazione di ANPAL Servizi SPA.

Elaborando dati provenienti da diverse fonti istituzionali, i Rapporti illustrano le caratteristiche e i processi di integrazione di ciascuna delle 16 comunità più numerose: albanese, bangladese, cinese, ecuadoriana, egiziana, filippina, indiana, marocchina, moldava, nigeriana, pakistana, peruviana, senegalese, srilankese, tunisina e ucraina.
All’analisi degli aspetti socio-demografici si affiancano quelle relative alle componenti più giovani (minori e nuove generazioni), alla partecipazione al mercato del lavoro e l’accesso al sistema del welfare, all’acquisizione della cittadinanza, alle rimesse verso i Paesi di origine e ai processi di inclusione finanziaria.

I dati utilizzati per l’analisi sono relativi a periodi antecedenti al diffondersi del virus SARS-COV-2, non è stato quindi possibile, per questa edizione dei report, offrire una lettura degli effetti della crisi pandemica sull’integrazione sociale e lavorativa dei migranti.

I cittadini non comunitari regolarmente soggiornanti in Italia al 1° gennaio 2020 sono 3.615.826, provenienti principalmente da Marocco, Albania, Cina e Ucraina, che coprono quasi il 40% delle presenze. Si registra un equilibrio di genere quasi perfetto (uomini 51%, donne 49%), con significative differenze tra le comunità.

La popolazione extra UE in Italia è decisamente più giovane di quella italiana: i minori sono circa 795mila, pari al 22% dei regolarmente soggiornanti, a fronte del 15,6% della popolazione di cittadinanza italiana. I minori risultano più numerosi nelle comunità egiziana (33,8%), marocchina (28,4%) e tunisina (28,4%).

Per la prima volta, dopo anni di sostanziale stabilità delle presenze, si registra un sensibile calo del numero di regolarmente soggiornanti rispetto all’anno precedente: -2,7%; ovvero -101.580 unità. La riduzione riguarda tutte le principali comunità straniere ad eccezione della indiana e della bangladese.

In riferimento alle motivazioni di rilascio dei titoli di soggiorno, continua ad aumentare la quota relativa ai ricongiungimenti familiari che nel 2019 coprono il 56,9% degli ingressi (a fronte del 51% circa del 2018). Si riduce sensibilmente la quota relativa a richiesta o detenzione di una forma di protezione, che nel 2018 ha motivato il 26,8% degli ingressi, mentre nel 2019 rappresenta il 15,6% dei nuovi titoli. In leggero aumento la percentuale relativa ai motivi di studio (11,5% rispetto al 9,1% del 2018) e a motivi di lavoro (6,4% contro il 6% del 2018).

Sono 113.979 i cittadini di origine non comunitaria diventati italiani nel corso del 2019, (il 10,1% in più rispetto all’anno precedente), principalmente albanesi e marocchini.

Il processo di graduale stabilizzazione coinvolge tutta la popolazione non comunitaria ed è perfettamente rispecchiato dal trend crescente della quota di titolari di permesso di soggiorno di lungo periodo sul totale dei regolarmente soggiornanti, che nel 2020 ha raggiunto il 63,1% (era il 62,3% nel 2019).
Le comunità che fanno rilevare una maggiore quota di lungosoggiornanti sono la moldava, l’ecuadoriana, l’ucraina, la tunisina, la marocchina e l’albanese.

Il 7,5% della forza lavoro è di cittadinanza non comunitaria. Nel 2019 Il tasso di occupazione della popolazione extra UE è pari al 60,1% (a fronte del 58,8% rilevato sulla popolazione italiana).

Relativamente alla partecipazione al mondo del lavoro della componente femminile della popolazione si registrano differenze macroscopiche tra le comunità: il tasso di occupazione femminile, pari al 46,5% sul totale dei non comunitari, risulta più elevato nelle comunità filippina (80,4%), cinese (69,8%), peruviana (66,3%), ucraina (66,5%), e moldava (63,2%), mentre risulta minimo nelle comunità pakistana (7,3%), egiziana (7,5%) e bangladese (10,7%).

Rilevante il protagonismo della popolazione non comunitaria in ambito imprenditoriale: sono infatti 486.145 le imprese guidate da cittadini extra UE, pari all’8% delle imprese del Paese. Le comunità più rappresentate sono la marocchina (16,7%), la cinese (13,9%), l’albanese (8,7%) e la bangladese (8%). Colpisce la quota di imprenditrici tra i titolari con nazionalità ucraina (54,5%), filippina (49,3%), cinese (46,7%) e nigeriana (39,6%).

L’ammontare complessivo delle rimesse dirette verso Paesi non comunitari dal nostro Paese nel 2019 supera i 5 miliardi di euro, un valore in crescita del 5,7% rispetto al 2018.
Il continente asiatico assorbe quasi la metà delle rimesse in uscita dall’Italia (45,4%). In particolare, Bangladesh, Filippine e Pakistan sono i principali Paesi di destinazione, coprendo circa un terzo del totale.