QUANDO NELLA POLITICA C’ERA UNO “STILE”…

 

Lo spettacolo, sempre più squallido ed indecente a cui assistiamo quotidianamente, ci conferma che rispetto alle stagioni in cui la politica era protagonista oggi c’è uno scadimento senza proporzioni e senza limiti. Se si vuole veramente voltare pagina rispetto alla squallida stagione rappresentata emblematicamente dal populismo grillino, è fondamentale ripartire dalle fondamenta.

 

Giorgio Merlo

 

Non si tratta di essere moralisti e, men che meno, nostalgici. Ma è indubbio che se c’è un tassello che è letteralmente scomparso dall’orizzonte della politica contemporanea è quello “stile” che caratterizzava la classe dirigente politica e di governo di un tempo. Certo, le stagioni politiche scorrono rapidamente e sarebbe puerile pensare di riportare indietro le lancette della storia. Anche se lo spettacolo, sempre più squallido ed indecente a cui assistiamo quotidianamente, ci conferma che rispetto alle stagioni in cui la politica era protagonista oggi c’è uno scadimento senza proporzioni e senza limiti.

 

E questo perchè lo “stile” del politico, anche al di là del richiamo costituzionale, continua a conservare una bruciante attualità e modernità. Ora, non si tratta di confrontare lo “stile” dei singoli leader e statisti politici del passato con gli improvvisati e casuali politici di oggi. Sarebbe una operazione persin troppo facile per evidenziare le differenze quasi di ordine e di carattere antropologico. No, quello che è utile evidenziare è che la politica recupera la sua credibilità, il suo ruolo, la sua funzione e il suo prestigio solo se i suoi protagonisti recuperano quello “stile” che proprio da quel passato si può ricavare come modello di riferimento. Del resto, per fare un solo esempio concreto, chissà perchè ogni qualvolta che ascoltiamo un giudizio, sentiamo un commento o leggiamo un articolo di Guido Bodrato, di Rino Formica, di Claudio Martelli, di Rosy Bindi, di Giuseppe De Rita e di moltissimi altri ci sentiamo in obbligo di riflettere e di capire sino in fondo le riflessioni che avanzano e che pongono direttamente all’attenzione della pubblica opinione.

 

Perchè? La risposta è molto semplice, anzi semplicissima. Di fronte alla povertà e alla debolezza strutturale dell’attuale classe dirigente politica, è di tutta evidenza che quando si vuole avere qualche lettura più approfondita o qualche interpretazione più attenta di ciò che capita realmente nella nostra società, siamo quasi costretti a ricorrere al passato…

Certo nessuno pretende, oggi, che la classe dirigente politica svolga anche quel ruolo “educativo” che declinava nel passato. Perchè è bene ricordare che i grandi leader e statisti della Democrazia Cristiana erano anche dei grandi “educatori” nelle rispettive comunità politiche. No, quel periodo storico è ormai archiviato. Quello che, semmai, oggi va recuperato – almeno va tentato di recuperare – è proprio quello “stile” che è andato letteralmente disperso in questi ultimi anni carichi di populismo, di demagogia, di qualunquismo, di “uno vale uno”, di povertà culturale e di impreparazione politica. Per non parlare della radicale assenza di qualsiasi cultura di governo.

 

Ecco perchè se si vuole veramente voltare pagina rispetto alla squallida stagione rappresentata emblematicamente dal populismo grillino, è fondamentale ripartire dalle fondamenta. E, al riguardo, proprio dallo “stile” concreto e quotidiano del politico. Senza alcuna deriva moralista o moralisteggiante ma solo e soltanto per ragioni di nobiltà e di autorevolezza della politica e del ruolo nella società.