Paragonare il M5S alla Democrazia Cristiana, seppure “con minore consapevolezza e ancora meno capacità di manovra”, come fa Marco Imarisio sul Corriere appare un atto di eccessiva  generosità verso i grillini e una grave offesa alla Dc.

Quaranta anni fa, di questi giorni, il 12 dicembre del 1978  il Parlamento veniva chiamato ad una scelta difficile e di traguardo storico come era l’adesione allo SME. Dunque Mes come SME. Quella decisione fu preceduta dal consiglio nazionale della Dc dell’1 e 2 dicembre. L’11 dicembre si riunisce il Direttivo Dc della Camera con il Presidente del Consiglio Andreotti che relaziona sullo SME, ma non anticipa la linea perché sono ancora in corso contatti. Galloni, presidente del Gruppo afferma:” Non illudersi che il non aderire si allontani il calice amaro dei sacrifici. Non vale la pena allontanarci dall’Europa”. Partendo da “una inflazione superiore a quella degli altri Paesi chiedevamo un margine non del 2,5, ma più largo; si é riusciti ad avere il 6 per cento non solo per noi ma per tutti i Paesi che lo chiedevano. Dalla riunione di Bruxelles emergeva una situazione di delusione, ma c’era il dato positivo di un prestito di 5 miliardi di dollari in cinque anni con la limitazione alle sole infrastrutture e non esteso alla riconversione industriale”. Andreotti replica agli intervenuti dicendo che i “contatti proseguiranno nella notte. Appartenere all’Europa di serie A o B non dipende dallo SME, ma dal tasso di deflazione che riusciremo a raggiungere”.

Del resto stare in Europa era inimmaginabile senza convergere sui minori tassi di inflazione delle altre economie così come richiamato dal Piano triennale  Pandolfi, Ministro del Tesoro,  titolato “una proposta per lo sviluppo, una proposta per  l’Europa” con misure programmatiche  volte a colmare il fabbisogno di investimenti e la riduzione dei lavori di lavoro con il Mezzogiorno.

Nei suoi diari Giulio Andreotti ricorda come il Partito di De Gasperi “non può mancare di coraggio di fronte a scelte europee”.

Rifiutare quella scelta avrebbe significato per la DC avrebbe significato andare contro la propria storia.

Il 12 dicembre 1978 l’adesione allo SME fu  votata alla Camera, con un PCI ancorato ad una visione neutralista. Si aprirono profonde crepe sulla intesa politica DC-PCI.

Pandolfi non mancava di ricordare l’ammonimento di Guido Carli:”si ricordi il vero nemico è il populismo”.

Il 12 dicembre 1978  si va al voto e come affermerà poi Barca nella ricostruzione di quei giorni  “senza che nulla ci venga comunicato da Andreotti su una mozione che prevede l’ingresso immediato e pieno”.

Una ricostruzione storica di Castronuovo portò a un giudizio severo per il quale “con il voto contro lo SME suonò come una conferma della immaturità del PCI sul terreno di una politica estera e del rapporto con l’Occidente”.  Le vicende di quaranta anni fa pongono il problema di come muoversi nel processo di integrazione europea.

Dunque nei prossimi giorni si avrà la cartina di tornasole di chi vuole stare in Europa e di chi invece privo di cultura europeista spinge sulla paura e sul catastrofismo, per lo scivolamento su una posizione terzomondista carica di rischi e di pericoli.

La Dc seppe dimostrare coraggio nelle gradi decisioni politiche dalla CEE allo SME, dall’atto unico al trattato di Maastricht, dall’euro al fondo salva stati e  a tanti altri passaggi che richiedono responsabilità piuttosto che populismo a basso costo.

Accostare il M5S alla DC è una offesa alla storia non solo di quel Partito, ma a quella del nostro paese per la straordinaria  crescita economica, sociale e civile del Paese realizzata con il concorso rilevante dei democristiani.