Articolo pubblicato sulle pagine dell’Osservatore Romano a firma di Andrea Fratini

Adiacente al Campidoglio, a ridosso dell’imponente struttura del Vittoriano, sorge la chiesa di Santa Maria in Aracoeli. Luogo ricchissimo di arte e storia, è indubbiamente una delle chiese più famose di Roma. Questa basilica è legata ad un’antica leggenda che vide come protagonista l’imperatore Ottaviano Augusto. Si narra, infatti, che i senatori romani chiesero allo stesso imperatore di potergli attribuire gli onori riservati agli dei; Augusto, di tutta risposta, volle chiedere numi alla sibilla di Tivoli che, dopo tre giorni, emise tale vaticinio: «Ecco i segni del giudizio. Presto la terra sarà madida di sudore, dal cielo verrà il Re dei secoli». In quell’istante lo stesso imperatore vide apparire, su di un altare, una donna recante in braccio un bambino, accompagnata da una voce che annunciava: «Questa è la Vergine che accoglierà nel suo grembo il Redentore del mondo. Questo è l’altare del figlio di Dio». A seguito di ciò, Augusto decise di erigere sul posto della visione un altare. Da qui, molto probabilmente il titoto di Santa Maria in Aracoeli (“altare del cielo”).

Al tempo di Augusto qui sorgeva il tempio di Giunone Moneta e, adiacente ad esso, un palazzo imperiale. Una delle colonne della navata centrale infatti, la terza di sinistra per l’esattezza, si dice provenga dalla stanza da letto dello stesso imperatore, luogo in cui avvenne la presunta visione. Nel transetto sinistro della Basilica, inoltre, si può ammirare un’urna di porfido che poggia su un altare incassato nel pavimento, ritenuto l’altare originale fatto erigere dallo stesso Augusto.

Tale basilica, tuttavia, è famosa in tutto il mondo e particolarmente a Roma, poiché al suo interno custodisce una veneratissima immagine del Bambino Gesù ritenuta prodigiosa. Quella oggi visibile tuttavia è una copia fedele dell’originale che fu misteriosamente trafugata nel 1994. Si tratta di una graziosa scultura in legno di circa 60 centimetri. L’orginale, risalente al XIV secolo, si dice fosse stata intagliata da un frate francescano con il legno di ulivo proveniente dal Getsemani. Tale statuina, circondata da numerossimi e preziosi ex voto e lettere scritte perlopiù da bambini, è custodita in una cappella apposita accanto alla sagrestia. Si narra che già nel 1794 una donna trafugò la sacra immagine sostituendola con una copia perfetta. Tuttavia, a mezzanotte dello stesso giorno, le campane dell’Ara Coeli si misero a suonare ed i francescani sbalorditi trovarono fuori dalla porta la scultura originale del Santo Bambino che fu collocata nuovamente al suo posto, mentre la copia andava in mille pezzi.

La Sacra effigie, inoltre, era solita lasciare la chiesa per far visita ai malati che ne avessero fatto richiesta; a tale scopo, a partire dall’800 veniva utilizzata una carrozza messa a disposizione dal principe Alessandro Torlonia e successivamente un’automobile cardinalizia. Famoso l’episodio in cui alcuni militari fermarono l’automobile che trasportava il Sacro Bambino a piazza Venezia durante un comizio di Mussolini.

Tra le varie leggende legate a tale effigie, poi, c’è quella che vuole che le labbra del Bambino diventino rosso acceso se quest’ultimo sta per concedere la grazia mentre, al contrario, diventino pallide se non vi è più alcuna speranza.

Anche la famosa scalinata, costituita da 122 gradini ed edificata nel 1348 a seguito di un voto fatto alla Madonna per scongiurare la fine della peste, è teatro di leggende e tradizioni, come quella secondo cui le donne in cerca di marito o desiderose di avere un bambino avrebbero dovuta salirla in ginocchio. Stessa cosa avrebbe dovuto fare chi avesse voluto vincere al gioco del Lotto, pregando i tre re Magi durante la salita e ricavando i numeri in base a tutto ciò che si osservava o ascoltava.

Ancora oggi, il 6 gennaio, con la scultura del Bambino Gesù (che durante le feste di Natale viene posta nel caratteristico presepe) viene benedetta la città di Roma mediante una suggestiva cerimonia.