La cronaca qui riportata, tratta dall’Agenzia Italia, offre  una rappresentazione limpida di una situazione che rimane, in effetti, ben lontana dall’essere limpida. S’indovina comunque lo “gnommero” che inquieta principalmente Salvini: dipende da lui dare il via libera a Casini, rompendo con la Meloni, o tenere unito il centro-destra, mandando a gambe all’aria la maggioranza di governo. Comunque, sul nome di Casini rimane da verificare la tenuta del M5S. Per questo resiste – e i 125 voti di ieri lo attestano in modo più che eleoquente – l’ipotesi della conferma dell’attuale Presidente. Stavolta i peones interpretano l’umore del Paese perché infrangere l’equilibrio Mattarella-Draghi appare un azzardo pericoloso.

Fumata nera anche al terzo scrutinio per l’elezione del presidente della Repubblica. Ma, a differenza dei voti precedenti, la situazione – pur nello stallo delle trattative tra i due schieramenti in campo – fa registrare alcuni ‘movimenti’ che appaiono come veri e propri segnali di avvertimento. A smuovere le acque arriva la mossa di Fratelli d’Italia che, a sorpresa, non si allinea al resto della coalizione e anziché votare scheda bianca dà indicazione ai suoi 63 grandi elettori di scrivere il nome di Guido Crosetto sulla scheda. Una mossa che vuol essere sì una ‘conta’, ma ha anche l’obiettivo di ‘scuotere’ il centrodestra, forte dei 114 voti incassati da uno dei tre fondatori del partito, pari a quasi il doppio dei numeri di FdI.

“Il centrodestra si deve misurare in questa partita”, scandisce Giorgia Meloni. A urne chiuse, una nota del partito esplicita in chiaro la linea: “FdI continua a ritenere imprescindibile una votazione compatta del centrodestra su un candidato della coalizione, come concordemente valutato nell’ultimo vertice”. Dunque, il partito di Meloni dà mandato a Matteo Salvini di “individuare, attraverso le sue molteplici interlocuzioni, il candidato più attrattivo tra quelli presentati ieri”, ovvero Marcello Pera, Carlo Nordio e Letizia Moratti. Nomi sui quali già ieri il centrosinistra ha innalzato un muro.

E mentre sembra naufragare definitivamente la proposta dem di un conclave tra i due schieramenti avversi, la giornata del terzo scrutinio inizia con le voci sempre più ricorrenti sulla presunta volontà leghista di andare alla prova di forza sui numeri, candidando dal quarto voto, quando il quorum si abbassa a 505 voti, la presidente del Senato Elisabetta Casellati (che per la prima volta dall’avvio delle votazioni lascia a lungo vuoto lo scranno accanto al presidente Fico). Una prova di forza che mette subito in allarme il centrosinistra.

Durissimo il segretario del Pd, che prima incontra Matteo Renzi e poi lancia l’altolà: “Proporre Casellati farebbe saltare tutto”, avverte Enrico Letta. Asse con Renzi, che fa sapere: “No a candidature che dividono la maggioranza. Evitare nomi che mettano a rischio la coalizione che sostiene il governo”.

Un no netto all’ipotesi Casellati arriva anche da Giuseppe Conte, reduce da una telefonata con Beppe Grillo (con tanto di giallo iniziale sui contenuti): “Invitiamo il centrodestra a trovare un metodo e a lavorare in modo condiviso senza nessuna iniziativa che metta a rischio le istituzioni”. E Grillo chiarisce: nessuna divergenza con il leader M5s, Draghi resti a palazzo Chigi.

Intanto nelle fila M5s cresce il fronte pro Mattarella bis, nel giorno in cui crescono i voti a favore del presidente della Repubblica, che salgono dai 39 di ieri ai 125 odierni. Dimuniscono le schede bianche, toccando quota 412. Ma la giornata e’ ancora lunga: nel tardo pomeriggio Salvini – che ha avuto una “cordiale” telefonata con Silvio Berlusconi – riunisce prima i governatori e i vertici del partito e poi a seguire i gruppi parlamentari. “Lavoro con fiducia, serietà e ottimismo. La soluzione puo’ essere vicina”, afferma. In serata riunione del segretario con i grandi elettori del Pd.