Conte ha parlato alla nazione e le sue parole hanno avuto l’effetto – almeno così sembra – di stabilizzare il battito del cuore di un governo fino a poche ore prima ansioso e fibrillante. Il Presidente del Consiglio ha pronunciato una frase che riassume tutto il senso della sua comunicazione volta a dare ossigeno morale alla scelta di massima prevenzione e cautela: “Ci rialzeremo”.

Si vedrà subito se questo sforzo di rasserenamento e determinazione gioverà anzitutto alla maggioranza e se, in parallelo, prenderà forma un atteggiamento più equilibrato dell’opposizione. Infatti, anche ammesso che le misure anti-contagio non fossero ritenute valide, vuoi per eccesso o vuoi per difetto, un Paese consapevole della gravità del momento non ha altra via se non quella di adottare un comportamento disciplinato. Per questo Salvini, Meloni e Berlusconi hanno la responsabilità di concorrere, senza confusioni di ruolo, al rafforzamento della coesione del quadro politico e parlamentare.

Quale sarebbe l’alternativa? L’idea di un nuovo governo, solo per andare al voto anticipato con lo spariglio delle posizioni attuali, si è rivelata implausibile o perlomeno sgraziata. L’emergenza non si affronta con il bilancino dei vantaggi e delle perdite per ogni singolo soggetto coinvolto. Sicuramente prevarrà il buon senso e la serietà, dal momento che il virus mette alla prova la tenuta della classe dirigente nel suo complesso.

In questo contesto, la speranza è che il numero dei contagiati cominci a scendere, in misura apprezzabile, così da riattivare il meccanismo della fiducia e dell’ottimismo. Al tempo stesso è importante che aumenti la quota delle guarigioni, come già si è palesato nella giornata di ieri. In ogni caso, il Paese non può fermarsi, come d’altronde è il mondo a non potersi fermare.

Chi dimostra coraggio, spendendo un po’ della sua notorietà per lanciare una nota – essendo egli un cantante – a sostegno della ripresa anzitutto morale del Paese, è certamente Renato Zero. L’intervista sul “Foglio” di stamane pecca, in alcuni passaggi, di quel facile approccio scapigliato (”non prendo nessuna precauzione”) di cui spesso si ammantano gli uomini di spettacolo. E però il suo slancio, dettato da un istinto d’amore, sormonta ogni ragionevole critica.

“Quello che mi spaventa – ha detto l’artista – è le persone chiudersi in casa, isolarsi, essere diffidenti verso gli altri”. È bello registrare che dinanzi alla psicosi collettiva per l’incontrollabile dinamica del virus si alzi una voce sulla felice contagiosità di un sentimento approntato a senso di reciproca apertura, per vincere la paura con il ripudio della diffidenza.

Renato Zero si guarda intorno e indica nel comportamento dei romani – un misto di religiosità fatalismo e bon vivre – la conferma di quanto sia invincibile la propensione alla socievolezza e di come venga vissuta, all’insegna di una sana ironia, la temibile emergenza dell’oggi.

Abbiamo trovato il defensor urbis che meriterebbe un posto d’onore in Campidoglio e per estensione, in questo affannoso aggrapparsi alle ragioni della speranza, il riconoscimento unanime degli italiani.