Mentre scriviamo queste righe, ancora non sappiamo se la crisi di governo di mezza estate sarà risolta positivamente con la prospettiva di un esecutivo di legislatura oppure “elettorale”, destinato cioè a portare il Paese alle urne entro la prossima primavera. Il mese di agosto 2019, iniziato tra i canti e i balli del Papeete Beach di Milano Marittima, rischia di finire mestamente a Capalbio, intesa come la località balneare da sempre “buen retiro” di una certa intellighentsia di sinistra. 

Per queste ed altre ragioni, l’appello lanciato qualche giorno fa (sulle colonne di Repubblica) dal costituzionalista Michele Ainis, sulla possibilità di un governo di “decantazione”, avrebbe meritato una approfondita riflessione, che al di là di qualche talk show estivo, purtroppo non c’è stata. Michele Ainis si riferiva all’esperienza di governo (balneare) maturata in piena estate 1987, a seguito della mancata “staffetta” tra Bettino Craxi (alla guida di uno degli esecutivi più longevi fino a quel momento) e Ciriaco De Mita, che arriverà a Palazzo Chigi nella primavera 1988. Durante le consultazioni dell’estate 1987, il Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, si rese conto della necessità di un Premier “terzo” rispetto ai tanti cavalli di razza allora in corsa nei principali partiti. La scelta cadde sul mite Giovanni Goria (già Ministro del Tesoro nei governi Fanfani e Craxi) considerato un esponente Dc di seconda fila, quasi un underdog come si direbbe nei tempi odierni.

Quel governo (che Ainis definisce, non a caso, di “decantazione”) ebbe il merito, in qualche modo, di “disintossicare” l’ambiente dall’aspra dialettica tra le varie forze politiche e a riportare il Paese sui binari delle questioni fondamentali. Si sapeva, già allora, che nel 1992 la nostra economia avrebbe dovuto adeguarsi ai nuovi parametri fiscali e di bilancio richiesti dalla Comunità Europea, in vista della firma del Trattato di Maastricht. In quegli anni, come sappiamo, nessuno faceva i “compiti a casa”. Sono ricordati come gli anni dell’esplosione del debito pubblico, a colpi di “baby pensioni”, sussidi garantiti (a famiglie e imprese) e “svalutazioni competitive”. Ricorda in una recente intervista Mario Monti (allora docente di economia politica all’Università Bocconi di Milano) che un suo collega ebbe a dire, sfogliando i giornali: “Insider trading? Ma perché, è possibile un diverso tipo di trading?”.

Questa era la Milano “da bere” dei favolosi anni ’80, dove tutti sapevano stare al loro posto, in un’Italia ancora per molti aspetti feudale e con regole ben precise, in cui il potere era concentrato nelle mani del “Salotto buono” della finanza a Milano (con la regia della Mediobanca di Enrico Cuccia) e del Pentapartito a Roma. Potenti “capitani di industria”, l’emergere dei grandi nomi della moda, della finanza e del design. Sembrava un’Italia sulla rampa di lancio del successo politico e del progresso economico, ma, come ben sappiamo, le cose sono andate diversamente. A partire dai primi anni Novanta il Paese si è fermato. Le crisi politiche sono spesso andate a braccetto con quelle economiche (Mani Pulite e l’attacco speculativo alla Lira, solo per citare il drammatico 1992). Non sappiamo ancora cosa ci riserverà il futuro. Come Rete Bianca, possiamo solo auspicare la più concreta governabilità. Se necessario, in una prospettiva di  “decantazione” nel senso indicato da Michele Ainis.