Ridurre il prezzo dell’energia per rafforzare l’Europa.

 

Riconoscere le questioni centrali per il futuro è forse il modo migliore in questo difficile momento per ridare slancio a una iniziativa politica di centro, che superi l’attuale frammentazione e che superi anche il falso problema di una lista per Draghi. Uno di questi temi centrali è costituito dall’energia. Ovviamente non significa cavalcare in modo populista il tema del caro energia, magari solo promettendo nuovi bonus e tagli delle accise. Si tratta, ben più seriamente, di affrontare la questione energetica in tutte le sue implicazioni.

 

Giuseppe Davicino

 

La guerra in Ucraina ha riportato l’attenzione sulla dipendenza energetica dell’Europa dalla Russia proprio in una fase in cui, forse con un qualche deficit di prudenza, l’Unione Europea, era impegnata a perseguire la transizione energetica non solo in positivo, ma anche disincentivando il ricorso alle fonti di energia tradizionali. Un errore strategico è stato la riduzione delle scorte di gas in Europa già per lo scorso inverno, ben prima della guerra. Misura che, a sua volta ha permesso alla speculazione finanziaria di far lievitare il prezzo del gas oltre ogni ragionevole (ed etico e lecito) guadagno per gli intermediari.

 

Ora, di fronte all’incubo dell’iperinflazione in tempo di recessione, che si prospetta e che minaccia la stabilità sociale ed economica degli stati europei, si deve lavorare ad ogni livello, per scongiurare gli effetti peggiori. L’Unione Europea deve dimostrare di non essere solo una macchina burocratica che attua piani prestabiliti a prescindere dal mutare delle priorità. C’è un passaggio dell’intervento del presidente del consiglio Draghi all’Ocse del 9 giugno scorso, che indica un cambio di metodo, e prim’ancora di mentalità, rispetto agli obiettivi della sostenibilità: “Mentre costruiamo un modello economico migliore per domani, dobbiamo iniziare affrontando le sfide che oggi abbiamo di fronte”. E queste sfide sono date dagli eventi storici, non sono solo quelle scelte.

 

L’Europa più che dai nemici esterni si deve guardare da se stessa. O recupera la capacità di stare sulle piorità che sono imposte dalla Storia e che possono non coincidere con quelle desiderate, oppure in prospettiva rischia di divenire un involucro svuotato, una forma priva della sostanza, come successe a un’altra costruzione politica che aveva il suo centro all’incirca dove ce l’ha l’Ue, il Sacro Romano Impero, che sopravvisse a se stesso formalmente addirittura per un millennio.

 

In questa prospettiva, di riconcilare i piani energetici europei con la realtà, l’Italia sembra rivestire un ruolo di primo piano, mentre anche Germania e Olanda, a loro modo, stanno prendendo decisioni pragmatiche per contenere il prezzo dell’energia, che non confliggono in alcun modo con lo sviluppo delle rinnovabili. L’eredità di Enrico Mattei, con quel che significa per la reputazione del nostro Paese presso gli stati esportatori di energia dell’Africa e del Medio Oriente, fa dell’Italia un partner affidabile, probabilmente più di altri Paesi occidentali in fase di uscita. Credenziali che questo governo ha dimostrato di saper utilizzare, stringendo nuovi, e in certi casi esclusivi, accordi di collaborazine energetica con Paesi mediterranei e dell’Africa subsahariana, potenzialmente capaci nel giro di qualche anno di ridefinire il ruolo dell’Italia in Europa in materia di energia.

 

Tutti questi sforzi per contenere il prezzo dell’energia potranno sortire il risultato desiderato solo nel caso in cui il conflitto in Ucraina finisca presto. Per questo è necessario mantenere uno sguardo che vada oltre i tristi avvenimenti che insanguinano quella parte d’Europa, anche col pensiero di non “regalare” all’Asia le immense opportunità  derivanti dall’importazione di risorse di cui la Russia è ricca.

 

E nel contempo, accanto ad un ulteriore sviluppo delle fonti di energia rinnovabili per il contributo che possono dare, importantissimo che però non va né sottovalutato né sopravvalutato, occorre destinare risorse adeguate alla ricerca e allo sviluppo di nuove fonti di energia pulite e finanziariamente abbordabili. E questo passaggio verso il futuro va fatto con la medesima impostazione geopolitica dei precedenti. La guida politica, le chiavi tecnologiche e la standardizzazione di queste nuove fonti di energia non potranno che realizzarsi in una strettissima alleanza con gli Stati Uniti. Altrimenti non avrebbe senso rinunciare oggi al gas e al petrolio russi per poi gettarsi su tecnologie nuove per l’energia russe, cinesi o indiane.

 

Se c’è un messaggio popolare, non populista, che deve arrivare ai decisori nazionali ed europei, questo credo si possa esprimere nei seguenti termini: il caro energia non è un valore, al contrario le politiche volte alla riduzione del prezzo dell’energia (e al contenimento dell’inflazione che ne consegue) possono evitare all’Europa prove più dure di quelle che già stiamo affrontando.