Pubblichiamo, per gentile concessione dell’autore, l’editoriale che firma il nuovo direttore editoriale della rivista “Ambiente – Comunità e salute” nel n.123 del 2021.

Ci fu un tempo in cui molte comunità locali consideravano  un pericolo per il loro benessere economico la protezione della natura. Ne è testimonianza lo scempio che dal  Dopoguerra  sino  almeno  agli  anni  ’80  si  è  fatto  del territorio del nostro Paese. La febbre edilizia durante la Ricostruzione post bellica ha finito per alimentare una  gigantesca speculazione edilizia che ha sfregiato molte  nostre città, cementificando, consumando suolo agricolo,  distruggendo il verde per espandere le brutte periferie delle “palazzine” e dei “palazzoni”.

Il comandamento politico allora era: costruire ovunque si può, per dare pane e lavoro e  mettere  un  tetto  sulla  testa  degli  Italiani.  Così  si  è  costruito  troppo  e  male  senza peraltro risolvere il problema di assicurare a tutti, anche ai ceti più disagiati, una sistemazione dignitosa mediante una strategia razionale di edilizia popolare. Che la lobby del cemento nel nostro Paese sia sempre stata potentissima lo dimostra il fatto che chiunque abbia provato a varare una legge sui suoli è stato fermato o politicamente distrutto (celebre il caso del democristiano Fiorentino Sullo che, da ministro dei Lavori Pubblici, presentò negli anni ‘60 un testo così illuminato da provocare la propria condanna politica eseguita mediante una campagna di stampa  diffamatoria).

Chi  si  opponeva alla distruzione dell’ambiente naturale era  considerato un povero illuso, uno “figlio dei fiori”, un  pazzo  che ignorava le ragioni del progresso. La politica rispondeva agli ambientalisti con condoni edilizi a ripetizione. Ora, va detto che una legge sul consumo dei suoi all’alba del secondo decennio del nuovo  Millennio  noi  in Italia non l’abbiamo ancora. E questo è grave. Tuttavia molte cose sono cambiate da quei tempi sciagurati. Soprattutto è cresciuta la consapevolezza della pubblica opinione che fatalmente investe la classe politica,gli amministratori locali e anche i costruttori. Tanto più ora: le persone, in tempo di pandemia e di lockdown, hanno  capito quale vitale rapporto ci sia tra la propria salute  fisica  e  un  ambiente  naturale  sano.

Lo  dimostra  il  fatto  che  ogni  volta  che un comune apre uno spazio verde i cittadini vi accorrono a frotte per poter passare delle ore all’aria aperta. Non solo: si è anche capito che il “paesaggio” in cui si vive è un insieme di elementi che devono essere armonizzati: la natura, il verde fruibile, ma anche i beni culturali e artistici, testimonianza di una storia, di una tradizione, espressione di una identità. Ci si può anche lamentare del fatto che ad ogni piè sospinto nascano comitati che dicono “no” a qualche iniziativa (anche sbagliando,  come  nel  caso  degli  impianti  di  energia  rinnovabile  o  di  trattamento sostenibile  dei  rifiuti)  ma  è  –  visto  in  positivo  –  il  sintomo  di  una  reattività  sociale assai utile per impedire nuovi scempi.

Quando le famiglie scendono in piazza per difendere un  fazzoletto  di  verde  superstite  nella  loro  città  o  un  bene  architettonico in rovina, dimostrano che la società ha maturato una forte coscienza ambientale per la semplice ragione che vuole vivere bene, in salute, il più possibile in armonia con  il  contesto  paesaggistico,  e  non  tra  le  brutture cementizie che oltretutto, mal costruite come sono, mettono a rischio le persone e le loro vite. Ci sono tra i fondi del PNRR adeguate risorse per la riforestazione urbana: è un’occasione da non perdere. Serve a  combattere  il  climate  change,  a  ridurre  le emissioni  di  Co2,  a  combattere  l’inquinamento  da  polveri  sottili,  a  rendere più gradevole la vita. Molte amministrazioni si stanno attrezzando per riconvertire aree dismesse e  piantare  alberi,  ma  è  poco  –  forse  con  l’eccezione  di  Milano  che  ha programmato  la  piantumazione  di  3  milioni  di  alberi  –  rispetto  a  quello  che  si  sta progettando di fare in altre città europee: a Madrid una gigantesca fascia verde intorno  all’abitato,  a  Parigi  parchi  ovunque  compresi  gli  Champs-Elysées,  per  non parlare di Berlino e della Germania…

 

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