”RISCRITTA UNA STORIA CHE SEMBRAVA GIÀ DECISA”: DRAGHI ALZA L’ASTICELLA DEL DIBATTITO POLITICO.

 

Con Draghi si è compiuta una svolta nella politica italiana, rivendicata dal premier nel suo intervento al Meeting di Rimini. Adesso, il 25 settembre, al popolo sovrano spetta la decisione su come e se proseguire questo percorso. Con onestà intellettuale bisogna anche riconoscere (e non perché c’è la campagna elettorale) che questa svolta fu introdotta nella politica italiana, principalmente per l’iniziativa politica intrapresa a suo tempo da Matteo Renzi.

 

Giuseppe Davicino

 

L’intervento svolto ieri dal presidente del Consiglio Mario Draghi al Meeting di Rimini appare importante per molte ragioni. Per il suo equilibrio che non indulge a facili ottimismi né a comodi catastrofismi, per la sua aderenza alla concreta situazione di questa fase difficile, che lo rende quasi un marziano al confronto con i discorsi dei principali leaders politici, ormai poco inclini a confrontarsi con la realtà dei fatti per paura che questa smascheri la pochezza delle illusioni che propinano.

 

Draghi ha rivendicato con chiarezza il senso del suo governo. È subentrato in un momento in cui il Paese pareva fuori controllo e paralizzato dall’incertezza. Ma proprio a quel punto, ha osservato, orgoglioso del suo popolo, “gli italiani hanno reagito con coraggio e concretezza (…) e hanno riscritto una storia che sembrava già decisa”. Anche grazie a un governo cui certo non difettano nella sua guida credibilità ed autorevolezza interne, verso i propri cittadini, e internazionali, che ha avuto, ed ha, ben chiaro che il suo compito in questa situazione di eccezionale crisi è quello di agire con prontezza e rapidità, seguendo con chiarezza un disegno preciso per evitare di rimanere alla mercé degli eventi.

 

Questo disegno, che ieri il premier ha richiamato in contrasto alle risorgenti pulsioni sovraniste, implica che l’Italia stia saldamente ancorata all’atlantismo, e in tal modo al centro dell’Europa, e le consente di arrivare dove altri non arrivano, di svolgere un ruolo di primo piano per l’integrazione europea, per la ripresa economica – e contro gli insani e non ancora del tutto affossati progetti di decrescita -, di tutto l’Occidente, e per la pace.

 

Nella visione del premier la priorità diviene la lotta all’inflazione, non certo per cervellotici diktat contabili che tanto male hanno fatto all’Europa negli anni scorsi (durante le crisi i soldi si danno, non si prendono, come spesso ricorda proprio Draghi), bensì come questione fondamentale di equità sociale, perché sono i ceti medio-bassi quelli costretti a pagarne le conseguenze più dure. Essendo il prezzo dell’energia il principale fattore che spalma l’inflazione su tutti i comparti economici, era lì che bisognava intervenire. Mai si parlerà abbastanza (anzi i media sembrano farne volentieri a meno) delle politiche energetiche del governo Draghi, paragonabili in termini economici e di impatto geopolitico a quelle di Enrico Mattei. La diversificazione, dal gas russo, degli approvvigionamenti energetici attraverso una fitta rete di accordi con vari Paesi produttori africani, che ha avuto l’Italia per protagonista nell’ultimo anno e mezzo, è un fatto che incide sulla geopolitica mondiale, non solo su quella euro-mediterranea.

Un risultato che, insieme ad altri riguardanti la nostra economia, il Presidente del Consiglio non poteva che rivendicare con orgoglio, lasciando adesso al popolo sovrano la decisione su come e se proseguire questo percorso di riscatto dal momento più buio della storia repubblicana, da cui stiamo con fatica e sacrificio  uscendo. Spiace dover osservare che il doveroso appello al voto fatto da Draghi dalla tribuna del Meeting di Comunione e Liberazione rischi di generare, a fronte di una così palese e disarmante inadeguatezza dei gruppi dirigenti degli attuali partiti, una preoccupante eterogenesi dei fini, la quale renderebbe ancor più necessario dopo il voto il ricorso alla continuazione della solidarietà nazionale.

 

Con Draghi si è compiuta una svolta nella politica italiana, tassello importante di una svolta in corso con inimmaginabili scontri che avvengono sottotraccia al livello delle élites, che l’Occidente deve compiere se vorrà sopravvivere nel secolo dei Brics. Con onestà intellettuale bisogna anche riconoscere (e non perché c’è la campagna elettorale) che questa svolta poté iniziare, o perlomeno fu introdotta nella politica italiana, per l’iniziativa politica intrapresa a suo tempo da Matteo Renzi, senza la quale forse il destino nefasto assegnato all’Italia non avrebbe potuto iniziare ad esser riscritto.