Il testo uscito dalla Commissione Affari costituzionali suscita più di una perplessità. Pare una riforma-schermo che permette solo, nelle battute ultime della legislatura, di piantare una bandierina. Quanto più Roma perde il suo carattere di “Primo Comune” d’Italia, tanto più si deteriora la sua immagine e funzione.

Grazie all’intesa raggiunta ieri in Commissione Affari costituzionale della Camera si muove un primo passo  verso la riforma dei poteri della Capitale. Un passo giusto? Ci sono molti dubbi. L’idea di trasformare Roma in una simil-Regione non appare convincente: pare un compromesso francamente abborracciato. L’unico risultato certo è che l’eventuale approvazione della norma porterà il Campidoglio a perdere il carattere di “Primo Comune” d’Italia, simbolo e pilastro della Repubblica dell’autonomie. Alcuni tratti erronei sono visibili a colpo d’occhio. Si nullifica il valore dello Statuto, neppure citato dal testo di riforma, si complica il rapporto tra la Capitale e l’insieme delle comunità territoriali, ovvero degli altri Comuni del Lazio, si determina un effetto ottico rinvenibile nella prospettiva di un’intesa – nel passato più volte ricercata e mai definita – tra la Pisana e il Campidoglio in virtù della “forzatura” costituzionale. 

Finora, a seguire attentamente il confronto tra gli esperti e i decisori nell’arco di molto tempo, la questione dei poteri legislativi andava a titillare il meccanismo di selezione e gestione delle politiche urbanistiche. In altri termini, è venuta emergendo la tesi che vorrebbe ridurre “ad unum” la procedura che in primo luogo riguarda e interessa il Piano regolatore, con tutto quello che consegue. In pratica, invece di distinguere tra il momento dell’adozione (in capo al Comune) e quello dell’approvazione (in capo alla Regione) dello strumento principe di regolazione del territorio, il PGR appunto, si presume conveniente assegnare a Roma un potere anomalo, non attribuito in esclusiva e in forma totalitaria a nessun Comune e a nessuna Regione d’Italia. Il resto è conseguenza di tale premessa logica, lasciando intravedere, ovviamente, un processo di semplificazione dai risvolti problematici.

In questo modo, contrariamente a una storia che vuole Roma in permanente relazione con la “sua” regione, si prospetta l’istituzione di un Ente in più – a proposito, che fine farebbe la Città metropolitana? Come entrerebbe in questa operazione di riordino? Cosa s’intende, in breve, per Roma Capitale? – che illumina un destino di chiusura della Città entro il perimetro di nuove Mura Aureliane. Naturalmente, anche in questa ottica, ogni ragionamento ha la sua smentita: sulla gestione dei rifiuti, infatti, si fatica a rintracciare chi pretenda la sovranità, con gli esiti infelici di cui i romani sono da anni vittime (più o meno incolpevoli).

I rilievi non finiscono qui. Sussistono problematicità in altri ambiti, in particolare nei trasporti (più integrati o meno integrati a livello regionale?). Emergono poi stranezze, come nella regolazione per legge del decentramento urbano, non si sa per quale ragione. Da ciò dovrebbe derivare, forse, un riconoscimento più alto dei Municipi. Ma per andare dove? Con quale intenzione o quale strategia? Per adesso siamo nella nebbia.

La strada appare impervia. Insomma, piuttosto che ampliare il concetto di Roma come “centro di relazioni”, in tutti i sensi, si addiviene al suo più malandato ripiegamento nella logica del sovrapotere, chissà come regolato e armonizzato dal momento che la proclamata riforma si configura, allo stato, né più né meno come norma di rinvio. Qualche economista in vena di buoni ricordi ci potrebbe aiutare nella classificazione di tale approccio istituzionale e costituzionale nei termini, da sempre deprecati, dell’autoconsumo. Non è così, per analogia, la formula che si vorrebbe adottare per Roma Capitale? E questo al di là delle buone intenzioni di cui sappiamo essere lastricate le vie dell’inferno.

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Di seguito riportiamo la Proposta di nuovo testo della proposta di legge C. 1854 da adottare come testo base (13 aprile 2022)

Art. 1
1. Il secondo periodo del terzo comma dell’articolo 114 della Costituzione è sostituito dai seguenti:
“Roma Capitale dispone di poteri legislativi definiti nelle materie di cui all’articolo 117, terzo e quarto comma, esclusa la tutela della salute e le altre materie stabilite d’intesa con la Regione Lazio e lo Stato, secondo legge dello Stato approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti. Roma Capitale può conferire con legge le proprie funzioni amministrative a municipi. La legge dello Stato, sentiti gli enti interessati, stabilisce forme di coordinamento tra la Regione Lazio e Roma Capitale.”
2. In sede di prima attuazione della presente legge costituzionale, a Roma Capitale si applicano le leggi della Regione Lazio vigenti prima della data di entrata in vigore della medesima legge costituzionale.

Art. 2
1. La presente legge costituzionale entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, successiva alla promulgazione.
2. Il trasferimento dei poteri legislativi di cui al terzo comma dell’articolo 114 della Costituzione, così come modificato dall’articolo 1, decorre dopo due anni dall’entrata in vigore della presente legge costituzionale.