Articolo già apparso sulle pagine dell’Osservatore Romano a firma di Agostino Marchetti *

Ho avuto il piacere di partecipare sabato 17 agosto — poiché vicentino e particolarmente interessato al pensiero guardiniano — al convegno «Romano Guardini uomo del dialogo, uomo europeo, uomo cristiano», organizzato dal comune di Isola Vicentina e dall’Associazione Romano Guardini nell’ambito della manifestazione «Agosto a Santa Maria 2019 – L’Arte dell’incontro», che si svolge dal 5 al 25 agosto presso il convento di Santa Maria del Cengio.

Il cardinale arcivescovo di München und Freising, Reinhard Marx, ha aperto i lavori, dopo i saluti iniziali, parlando di Guardini e l’Europa, tema ripreso peraltro in quasi tutti gli interventi. Il discorso iniziale del cardinale ha preso lo spunto da quello di Guardini per il suo sessantesimo compleanno, rispondendo in fondo alla sua domanda “Perché sono europeo?”, con radicamento nella cultura tedesca, in fedeltà alla prima patria, l’Italia. In fondo, per quel grande formatore-filosofo-teologo, l’Europa è una risposta a un problema personale, come attesta lui stesso, ed essa deve guardarsi dal subire il destino della Grecia classica. Si tratta del «fallimento dall’avere una patria nazionale». Ci vuole così «unità nella diversità», poiché è «l’eccessivo esaurimento esistenziale che porta ad accettare dei totalitarismi».

In ogni caso va tenuta ferma la connessione con il passato (la “millenaria esperienza”). Per Guardini compito dell’Europa è la critica della potenza. La questione del potere è infatti essenziale, considerando peraltro il potere legittimo come servizio e arrivando alla conclusione che l’umiltà per avere un tale spirito può venire solo da un uomo forte.

Anche l’Europa, però, può non raggiungere il suo fine e trovarsi poi sottoposta a potenze esterne.

Non sono mancati a questo punto gli accostamenti al pensiero e all’opera di Papa Francesco (in Evangelii gaudium e Laudato si’), con l’analisi della casa umana della creazione e un nuovo concetto di progresso. In tale contesto è necessario per l’Europa mantenere una sua identità in relazione con Cristo, ricoprendo il ruolo di difesa della dignità dell’uomo al fine di realizzare «un rinascimento europeo con partecipazione di noi cristiani e della Chiesa».

L’approfondito intervento sul cristianesimo come avvenimento, mio interesse particolare, mi ha dato occasione di richiamare una convinzione profonda di Guardini espressa in una lettera a monsignor Montini già nel 1952, e ribaditagli poi nel 1965 quando era già Papa Paolo VI: «La conoscenza della Chiesa è stata la ragione determinante per la mia vita. Quando ero ancora studente di Scienze politiche mi fu chiaro che la scelta cristiana non vien propriamente compiuta riguardo alla concezione di Dio e nemmeno riguardo alla figura di Cristo, bensì riguardo alla Chiesa».

Per proseguire nella lettura rimando al mio Il Concilio ecumenico Vaticano II. Contrappunto per la sua storia (Libreria editrice vaticana, pagina 335).

Per ciò che concerne invece l’avvenimento, ho fatto notare la necessità di considerare che oggi la tendenza è piuttosto tesa a parlare di “evento”, con implicita attenzione, pur magari senza rendersene conto, ad accettare il significato che ne fu inteso dalla storiografia soprattutto francese a partire dalla prima metà del secolo scorso, cioè come “rottura” e quindi non applicabile al magno sinodo, secondo il magistero di tutti i pontefici conciliari e post conciliari, compreso Papa Francesco (ibidem, pagina 359 ss.).

*Arcivescovo già segretario del Pontificio consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti