Se la solitudine fa il giro del mondo. Il saggio di Kazuo Ishiguro.

“Per evitare la banalità di raccontare un futuro disumanizzato, Ishiguro lo popola di sfumature diverse”. Con queste parole Clericuzio va al cuore della riflessione dello scrittore britannico di origine giapponese. Il testo è tratto dall’Osservatore Romano.

Per evitare la banalità di raccontare un futuro disumanizzato, Ishiguro lo popola di sfumature diverse. Con queste parole Clericuzio va al cuore della riflessione dello scrittore britannico di origine giapponese. Il testo è tratto dallOsservatore Romano.

(Alessandro Clericuzio)

Difficile dire cosa ci spaventi di più di questa distopia ambientata in un futuro non tanto lontano, se il fatto che tra gli umani si aggirino robot parlanti e pensanti, o piuttosto la distinzione sempre più netta tra chi può e chi non può “emergere, socialmente e professionalmente parlando, o, ancora, il ricorso a periodici incontri di interazionetra esseri umani che altrimenti vivono sempre più isolati nei loro piccoli universi ipertecnologici. O anche cosa, di tutto ciò, ci affascini, perché tra le pagine dellultimo romanzo di Kazuo Ishiguro, Klara e il sole (Torino, Einaudi, 2021, pagine 250, euro 19.50, traduzione di Susanna Basso), si insinuano riflessioni di una profondità disarmante, su questioni che, se oggi appartengono alla fantascienza, fra qualche decennio non c’è alcun dubbio che saranno in cima allagenda globale.

La maestria narrativa dellautore premio Nobel 2017 si fa sentire da subito: il romanzo affida la voce narrante alla Klara del titolo, e il lettore si ritrova a condividere le percezioni limitate di questo AA, un Amico Artificiale, una futuribile invenzione robotica ideata per far compagnia a bambini e adolescenti. Klara vede per riquadri e segmenti, ma per il resto sente e parla come un umano, incamera informazioni e rielabora quelle già inserite nel suo meccanismo e diventa lamica speciale della protagonista, la piccola e malata Josie. Il fatto che dopo un centinaio di pagine scopriamo di essere in un peraltro anonimo Midwest americano poco ci consola: la tanto deprecata solitudine che è solitamente attribuita alla cultura di quella nazione ha tranquillamente fatto il giro del mondo, e non solo a causa della pervasività della rete, o a causa della pandemia. E la storia di Klara e la sua amica-proprietaria Josie potrebbe essere ambientata nel Giappone o nella Finlandia o nellItalia del ventiduesimo secolo.

Scorci di un mondo che verrà, in cui la tecnologia sembra voler prendere sempre più il sopravvento sullanima delle persone, fino allipotesi più inquietante, ovvero di sostituirsi a essa. Ma non è il caso di svelare i dettagli di una trama che parte con la flemma artificiale e circoscritta, appunto, di Klara che guarda il mondo dalla vetrina del negozio in cui è esposta, e che gradualmente coinvolge il lettore in un dilemma lacerante. Basti dire che Josie è afflitta da una malattia non ben definita, molto probabilmente mortale, e sua madre deve fare i conti con la possibilità di perderla per sempre così come ha già perso unaltra figlia per un male simile. Saranno opportune, etiche, accettabili, le ipotesi messe in campo dal progresso tecnologico? Sarà il caso di sfidare le più imprescindibili leggi della natura?

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