Oggi con un lungo articolo sul messaggero anche Romano Prodi si schiera sul fronte del No.

È una scelta significativa per l’autorevolezza della persona che dal 1996 ha caratterizzato la fase del sistema elettorale maggioritario e della contrapposizione con la leadership di Silvio Berlusconi.

Oggi anche Romano Prodi, alla vigilia di un referendum costituzionale che riduce gli eletti in nome di un furore antiparlamentare riconosce i limiti di un sistema che non garantisce la libertà di scelta dei cittadini dei propri rappresentanti. Questa libertà di scelta è stata soffocata attraverso le candidature multiple, con le liste bloccate esaltando la negatività dei nominati e comprimendo il libero esercizio della funzione parlamentare.

Anche Renato Brunetta richiama aspetti sottovalutati come il maggiore peso del
nord rispetto al Mezzogiorno e al resto del Paese come pure il rafforzamento dei poteri forti. Si tratterebbe di un clamoroso autogol di chi ha fatto nascere un governo in opposizione a Salvini che sarebbe beneficiario di scelte contraddittorie e paradossali.
La riforma costituzionale determina una rottura degli equilibri costituzionali subordinandola ad una legge elettorale che dovrebbe avere il consenso largo delle forze politiche.

Gli equilibri vengono rotti sul voto del Presidente della Repubblica, sugli organi costituzionali, sulle autorità di garanzia.

Il Pd ha compiuto un grave errore politico senza via di uscita. Non ci sarà compromesso accettabile per uscire dall’angolo, neppure un voto in commissione sulla legge elettorale a ridosso del referendum. La legge elettorale richiede consenso e tempi di maturazione che non possono essere i pochi giorni che ci separano dalla data della celebrazione del referendum confermativo.

Se si vuole arginare la deriva anti casta e antiparlamentare c’è una sola via: quella di una legge elettorale proporzionale con una soglia di sbarramento sufficientemente alta, con principi che rispettino la rappresentanza territoriale, il pluralismo culturale del Paese, e sopratutto la reintroduzione delle preferenze cioè il momento più alto della libertà di scelta. Solo così si potrà ricreare un nuovo rapporto tra cittadini e Istituzioni facendoli ridiventare arbitri, per citare il libro di Roberto Ruffilli, delle loro scelte.