Periodicamente, e puntualmente, ricordiamo e raggiorniamo il magistero politico, culturale, civile  ed intellettuale di alcuni grandi statisti e leader politici: da Tina Anselmi a Mino Martinazzoli, da  Carlo Donat-Cattin a Benigno Zaccagnini, da Giovanni Galloni a Luigi Granelli, cioè a quelle  personalità che hanno caratterizzato e costellato la storia e l’esperienza della sinistra della  Democrazia Cristiana. Solo per citarne alcuni.  

Ora, in discussione non c’è solo la memoria storica, un pizzico di nostalgia e di rimpianto per chi li  ha conosciuti ed ha potuto sperimentare concretamente le straordinarie capacità politiche,  culturali e di governo che li ha accompagnati nella loro militanza pubblica. Uomini e donne che  hanno maturato una vocazione alla politica perchè animati da una solida cultura politica e,  soprattutto, con una forte attitudine alla leadership senza mai scivolare in atteggiamenti dispotici  e autoritari. Atteggiamenti dispotici e autoritari che, detto fra di noi, è il comportamento concreto  dei cosiddetti “capi” politici di oggi, funzionali ai partiti personali e ai cartelli elettorali. Ovvero,  l’esatto contrario della esperienza dei partiti popolari, con un saldo radicamento sociale e  popolare e con una spiccata elaborazione culturale e programmatica.  

Ma, per tornare al tema principale, il solo fatto che il magistero politico e civico di questi statisti  della sinistra Dc viene continuamente rievocato, ricordato, riletto e riaggiornato e non solo nella  cinta daziaria del cattolicesimo democratico e sociale conferma, ancora una volta, che proprio  quella esperienza e quel vissuto concreto e tangibile non può e non deve essere archiviato o  banalmente storicizzato. Certo, le fasi storiche e politiche cambiano e mutano. E anche in  profondità. Ma non c’è alcun cambiamento storico e politico che possa permettere di giustificare  un atteggiamento di estraneità e di indifferenza. Il fatto che non esista più un partito come la Dc e  che, all’orizzonte, non ci sia – ad oggi – alcuna possibilità di dar vita a movimenti/partiti che  possano riflettere quella esperienza, salvo esperimenti virtuali e del tutto astratti, non ci esime  dalla necessità, quasi vincolante, di recuperare quel testamento politico senza pensare tuttavia di  replicarlo acriticamente. Anche nelle dinamiche della politica contemporanea il magistero di quegli  statisti e leader pollici continua ad essere un faro che illumina il cammino di ognuno di noi. A  cominciare da un fatto, su tutti. Che la politica prima di essere gestita e governata va pensata,  elaborata e studiata. Che una classe dirigente è tale se rappresentativa a livello sociale e  territoriale. Che l’autorevolezza in politica non è frutto di un comando o di un dispotismo, tipico  dei partiti personali fortemente gettonati nella stagione contemporanea, ma di una riconosciuta  leadership politica e autorità “morale” e non moralistica. Che, infine, la politica si pratica e si  declina nelle organizzazioni democratiche e popolari e la selezione è affidata ai processi  democratici dal basso e non alla cooptazione burocratica e alla fedeltà al capo dall’altro. 

Insomma, il magistero politico e civile di quelle persone va continuamente inverato. E tocca  principalmente a chi si riconosce ancora in quel patrimonio culturale, ideale, politico e forse anche  etico e spirituale declinarlo nella società contemporanea. Non per nostalgia ma per coerenza ai  nostri principi, ai nostri valori e alle nostre radici.