Sinodo 2018: il dono dei giovani

Padre Giacomo Costa individua alcune novità significative e tratteggia il percorso che ora attende la Chiesa

Nell’editoriale del numero di dicembre di Aggiornamenti Sociali, il direttore Giacomo Costa SJ, gesuita che ha svolto il compito di Segretario speciale durante il Sinodo dei Vescovi dedicato ai giovani e terminato lo scorso 28 ottobre, rilegge questa intensa esperienza e traccia un sintetico bilancio, ricordando che «il cammino intrapreso non è certo terminato».

«Il Documento finale – spiega anzitutto padre Costa – più che un testo conclusivo è la traccia del “cammino insieme” compiuto (questo il significato etimologico del termine “sinodo”)», un cammino di cui si sottolineano la profondità e l’intensità e nel quale l’ascolto è stata «senza dubbio una delle cifre interpretative più significative». «Il Sinodo – scrive il direttore di Aggiornamenti Sociali – è innanzitutto un incontro tra persone. Ciascuno porta con sé la ricchezza della propria esperienza e quella della Chiesa da cui proviene, così come le inquietudini e le domande che l’attraversano». Ma oltre che un’esperienza reciprocamente arricchente, l’ascolto è anche un metodo: «L’ascolto reciproco è il vero strumento di cui un’assemblea che passa gran parte del tempo seduta dispone per provare davvero a “camminare insieme”. (…) Al Sinodo la condivisione non è fine a se stessa, ma in vista della costruzione di un consenso, il più ampio possibile, a cui il Documento finale è chiamato a dare espressione. (…) Un processo di questo genere permette di articolare la varietà e la differenza delle posizioni in un testo in cui ciascuno può riconoscersi».

Grazie a questa dinamica di ascolto, prosegue l’editoriale, è stato possibile «mettere a fuoco meglio i termini della questione, introducendo importanti novità rispetto ai materiali preparatori in modo davvero imprevedibile». La prima delle quali è stata il passaggio da un “Sinodo per i giovani” a un “Sinodo con i giovani”. Infatti, «grazie anche alla presenza dei 34 giovani uditori e uditrici, i Padri sinodali hanno potuto rendersi conto di quanto i giovani siano già presenti nella Chiesa e attivi nel portare avanti la sua missione di evangelizzazione e di promozione umana». Dunque, sottolinea padre Costa, «se la Chiesa ha molto da offrire ai giovani, siamo però chiamati a renderci conto che i giovani e la Chiesa non si fronteggiano come estranei. E questa presa di coscienza non può non interpellare la Chiesa anche rispetto alla necessità di dare spazio adeguato ai giovani, mettendo in discussione le attuali modalità di funzionamento e categorie».

Una seconda “sorpresa”, secondo il Segretario speciale, è stato il processo di maturazione di una sinodalità che «non resta confinata al tempo definito dello svolgimento dei Sinodi, ma viene intesa come stile che dà forma e riorienta la vita ordinaria della Chiesa e il suo modo di svolgere la missione: è questo il vero “contenuto innovativo” del Sinodo».

Naturalmente, e qui padre Costa tratteggia alcune tappe del cammino ancora da compiere, ci sono diversi «punti in cui la varietà delle posizioni rende più necessario un approfondimento anche teologico, oltre che la crescita nell’ascolto reciproco. Mi riferisco a quei paragrafi in cui il numero dei voti sfavorevoli passa da una manciata a qualche decina (su un totale di circa 250 votanti), che riguardano ad esempio il ruolo e il contributo delle donne, la sessualità, le questioni di genere, l’esercizio dell’autorità e del governo, la trasparenza nel rapporto con le risorse economiche e finanziarie e infine la stessa sinodalità».

Proprio l’obiettivo di promuovere un’autentica sinodalità chiama a un’ulteriore, decisiva sfida: «Se la si vuole rendere lo stile condiviso della Chiesa, la sinodalità ha bisogno di concretizzarsi in strutture adeguate. Questo richiede la disponibilità di vagliare in profondità ciò che “si è sempre fatto così”. Le novità del concilio Vaticano II sulla concezione della Chiesa e la partecipazione dei fedeli cominciano ad alimentare un processo che non può non portare alla riforma delle strutture ecclesiali, ancora legate all’impianto elaborato al concilio di Trento. Siamo invitati a ripensare le strutture in modo da renderle capaci di accompagnare le donne e gli uomini di oggi, le cui vite si snodano in spazi e tempi ben diversi da quelli tardorinascimentali».

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