Ha ragione Marco Tarquinio, le sanzioni economiche sono un’altra forma di guerra, le cui conseguenze ricadono sui ceti sociali più deboli, anche su quelli dei Paesi che le comminano. Va difeso il diritto a un reale pluralismo, anche sul tema della guerra e delle sue enormi ricadute sulla nostra economia e sulla coesione sociale. La costruzione di un ordine mondiale multipolare non può lasciare indifferente sia la nostra componente politica che il nostro Paese.

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Lo scorso 30 marzo in tv Federico Rampini ha dato del filo-Putin al direttore dell’Avvenire Tarquinio solo perché quest’ultimo ha fatto un accenno, al tema tabù delle sanzioni. L’episodio è indicativo di un clima di sostanziale monopolio del dibattito pubblico, che perdura da troppo tempo e che ha preso il posto di un reale pluralismo, degno di una democrazia.

Mi permetto di evidenziare il fatto che schivare il dibattito sulle pesanti conseguenze delle sanzioni, conseguenti alla deprecabile invasione russa dell’Ucraina, ci renderà impreparati ad affrontarle. Già ora la scelta dei Paesi europei dopo aver indotto la Russia in risposta alle loro sanzioni a pretendere il pagamento in Rubli delle sue merci, si è ridotta a quella tra rafforzare la valuta russa oppure provocare uno shock improvviso e gigantesco sulle loro economie. Un autogol dei più clamorosi. Ma il bello, ovvero il peggio, deve ancora venire. Il forte rincaro e la scarsità dei carburanti, dell’energia elettrica, delle materie prime, del cibo e dei generi di prima necessità va a colpire in maniera molto diseguale la popolazione. L’iperinflazione così generata la sentiranno molto di più i ceti medio-bassi, che spendono dal 50 al 90% del loro reddito per la sopravvivenza rispetto alle classi più agiate per le quali le suddette spese incomprimibili incidono in percentuale molto minore sul loro reddito. Una tale situazione di divaricazione sociale andrà avanti finché potrà, ma non è risolvibile, permanendo l’attuale posizionamento dell’Italia sullo scenario bellico.

Ricordiamoci che le sanzioni non sono quisquilie. Chiediamoci perché uno stato come la Turchia che fino a ieri addirittura faceva la guerra alla Russia, sparando sull’esercito russo in Siria, non le abbia adottate. Il pericolo era troppo grande anche per il secondo esercito della Nato. Questo credo basti a valutare la gravità delle sanzioni alla Russia che sono un vero e proprio atto di guerra all’ordine mondiale multipolare che il resto del mondo sta costruendo e a cui l’Europa e l’Italia (oltreché la parte più lungimirante degli Stati Uniti) avrebbero tutto l’interesse a partecipare e da cui invece stanno venendo tagliate fuori con conseguenze rovinose.

Se andremo avanti così, dobbiamo mettere in conto fenomeni di sofferenza e di dissenso sociale sempre più problematici da gestire in un quadro di ormai permanente stagflazione e di progressivo deterioramento del quadro economico. È una mera illusione pensare di poter contene lo tsunami dell’iperinflazione attraverso nuovi lockdown, sanitari, energetici o climatici che siano, o attraverso i razionamenti, o addirittura con la sospensione di alcuni diritti costituzionali. È vero che la realpolitik non permette forse molti margini di manovra all’Italia, ma l’assenza nei media, all’interno dei partiti e delle associazioni, anche solo in minoranze organizzate, di un dibattito su ciò a cui andiamo incontro, renderà molto più complicato gestirlo.